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Un Parlamento oltre le nazioni. L’Assemblea Comune della CECA e le sfide dell’integrazione europea (1952-1958)

Sandro Guerrieri
Bologna, il Mulino, 336 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2016

L’assemblea di sessanta parlamentari, designati dai rispettivi Parlamenti nazionali,
che si insediò nel settembre del 1952 costituisce – a tutti gli effetti – il nucleo originario
dell’attuale Parlamento europeo. Inserita nel trattato costitutivo della Ceca come organo
di controllo dell’operato dell’Alta autorità, aveva poteri limitati e nessuna funzione
di indirizzo delle politiche economiche della Ceca. Fu merito dei primi designati aver
agito per evitare che l’Assemblea finisse fagocitata nell’inefficace Consiglio d’Europa, che
ospitò nella propria sede a Strasburgo il parlamentino della Ceca durante la sua prima
sessione. L’Assemblea si dotò infatti rapidamente di una autonoma struttura logistica e
amministrativa grazie all’aiuto di Jean Monnet che, a capo dell’Alta autorità, ne favorì il
potenziamento.
L’Assemblea – nella quale sedettero esponenti come Spaak, Mollet, Hallstein, La
Malfa, De Gasperi – si concentrò sull’obiettivo di far avanzare un progetto di integrazione;
prima, cercando di utilizzare il trattato istitutivo della Comunità europea di difesa
(Ced) per dar vita a un vero Parlamento sovranazionale, poi, tramontato il piano di difesa
comune, spingendo verso l’integrazione basata sul mercato unico e su politiche sociali
condivise, e assecondando i contatti diplomatici in corso fra i sei paesi della Ceca. Alla
stretta finale delle trattative che portarono ai trattati di Roma, l’Assemblea usò il suo
peso politico per imporre l’idea di un’unica assemblea parlamentare delle tre comunità
(Cee, Ceca ed Euratom) in cui essa sarebbe confluita, contro l’ipotesi di creare assemblee
distinte. In questo modo l’integrazione incorporava definitivamente l’idea di una legittimazione
democratica in grado di far sentire in futuro la voce dei popoli accanto a quella
dei governi.
Il volume risulta ricchissimo di informazioni e offre una ricostruzione molto attenta
del funzionamento dell’Assemblea, analizzando le rappresentanze dei vari paesi, la loro
composizione politica, il processo di formazione di gruppi transnazionali, ma anche i
limiti, legati alle diverse priorità nazionali, che rendevano questo processo irto di ostacoli.
L’esclusione dei rappresentanti di partiti di sinistra nella delegazione italiana, scelta compiuta
dai nostri partiti di governo, generò periodicamente problemi di numeri alla maggioranza
nel Parlamento, e rese più precaria la presenza italiana a Lussemburgo; indebolì,
inoltre, il peso dei parlamentari socialisti nell’Assemblea, a vantaggio della rappresentanza
democristiana che, in alleanza con i liberali, mantenne sempre un’ampia maggioranza.
L’a. deve constatare che, nella sua breve esistenza, i lavori dell’Assemblea furono
sostanzialmente ignorati dai mezzi di comunicazione, e questo, rapportato all’attuale momento
di ripiegamento dell’Unione Europea, è una preoccupante conferma della ambigua
efficacia politica di una élite federalista, che – fin dagli esordi – faticò a trovare sostegno in
un’opinione pubblica poco interessata e distante.

 Alessandro Polsi