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Una battaglia per la libertà. «Il Saggiatore» di Gherardo Marone (Napoli 1924-1925)

Sergio Zoppi
Soveria Mannelli, Rubbettino, 204 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2013

L’ultimo libro del politico e meridionalista Sergio Zoppi offre di più e al tempo stesso di meno di quanto il suo titolo prometta.
Di più, perché l’a. non si limita a ripercorrere la breve ma intensa stagione de «Il Saggiatore», rassegna quindicinale di problemi politici e morali, fondata a Napoli nel dicembre del 1924 da un gruppo di studiosi – economisti, giuristi e storici – nati tra le fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90 dell’800: Vincenzo Arangio Ruiz, Carlo Càssola, Raffaele Ciasca, Guido De Ruggiero, Luigi De Simone, Angelo Fraccacreta, Mario Grieco, Gustavo Ingrosso, Stefano Macchiaroli e Gherardo Marone, direttore responsabile della rivista. Ne rintraccia anche le radici nell’esperienza de «La Diana» (1915-1917), mensile letterario di ascendenza lacerbiana diretto dalla poetessa Fiorina Centi, cui Marone era sentimentalmente legato; ne intreccia la vicenda editoriale con quella politica e umana di Giovanni Amendola, ispiratore e nume tutelare della rivista, apertamente schierata con l’Unione nazionale delle forze liberali e democratiche; e, soprattutto, inserisce la storia de «Il Saggiatore» – una storia, scandita dalle interdizioni e dai sequestri fascisti, che si snoda in un arco di appena sette mesi e sei numeri – in un contesto geografico e temporale di ampio respiro, che dalla Napoli degli anni ’20 si allarga al Mezzogiorno postunitario, all’Italia del ventennio, fino all’Argentina dei migranti italiani dove Gherardo Marone nacque nel 1891 e ritornò definitivamente nel 1938.
Ma, come si diceva, il libro offre anche qualcosa di meno. Perché scegliendo di raccontare la storia di una «rivista gruppo» (secondo una nota definizione di Renato Serra) l’autore ha anche assunto la prospettiva del «gruppo», privilegiando il dibattito ideologico interno a «Il Saggiatore» a scapito dei suoi rapporti con l’esterno e, soprattutto, con i lettori, che nel libro vengono evocati raramente e solo nella forma astratta di un pubblico di abbonati da conquistare. Un limite per certi versi inevitabile, che nulla toglie alla sostanziale correttezza della ricostruzione di Zoppi, in cui rivivono le battaglie, le intransigenze, le intuizioni (l’interpretazione di Càssola del fascismo come bonapartismo), ma anche le illusioni, le sconfitte, gli errori di valutazione (la convinzione che dopo il delitto Matteotti il fascismo fosse prossimo alla fine) di un drappello di intellettuali meridionali in un frangente decisivo della storia d’Italia. Un itinerario già descritto sinteticamente, ma con il consueto acume storico, da Luisa Mangoni nel saggio Di fronte al fascismo (in Gherardo Marone, Macchiaroli, Napoli 1996, pp. 74-78).

Tommaso Munari