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Valentina Pazé (a cura di) – Cent’anni. Piero Gobetti nella storia d’Italia, Atti del convegno di studi, Torino 8-9 novembre 2001 – 2004

Valentina Pazé (a cura di)
Milano, Franco Angeli, pp. 300, euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2004

Benché la bibliografia su Piero Gobetti sia ormai vasta e il suo nome tuttora ricorrente nel dibattito politico-culturale, anche questo volume, che raccoglie gli atti del convegno torinese nel centenario della sua nascita, si presenta con caratteri di originalità e interesse. Il convegno, elaborato da un comitato scientifico composto da Michelangelo Bovero, Marco Revelli e Franco Sbarberi, aveva infatti ripercorso la biografia intellettuale di Gobetti, i suoi studi e le sue opere, per affrontare poi il tema della sua ricezione intellettuale fuori d’Italia, in particolare nel mondo francese, ispanoamericano e anglosassone. Seguiva poi l’analisi di Gobetti nel suo tempo per concludere con una parte, Gobetti oltre Gobetti, dedicata ai contrapposti ?gobettismi? e ?antigobettismi? e quindi all’uso pubblico di Gobetti nell’Italia repubblicana. Come si vede, il testo non si sottrae al problema variamente affiorato in quest’ultimo quindicennio, che pone in conflitto una storiografia fortemente revisionista e francamente critica nei riguardi dell’intera cultura ?azionista? o comunque avente proprio in Gobetti il suo capostipite, con quella che, al contrario, attualizzando la sua figura e soprattutto la sua analisi delle tare storiche della società italiana, coglie in lui il vivente segno di una irriducibilità che oppone politicamente, culturalmente e moralmente due Italie nel solco di una storia che ha per lo più visto prevalere quella civilmente peggiore.
La nota sicuramente più originale è però quella che sottolinea le suggestioni esercitate dal pensiero gobettiano fuori d’Italia. In fondo, qualcosa di analogo è accaduto e accade per Gramsci e non soltanto in riferimento allo specifico della loro epoca, ma all’attualità del loro pensiero oggi. Al di là delle note che riportano le analisi gobettiane alla natura di quel ?radicalismo liberale? rimasto ai margini della storia politica nazionale, quello che il testo mette in luce, opportunamente, è la funzione di ?sprovincializzazione? della cultura nazionale cui tutta l’opera intellettuale e politica di Gobetti tendeva. Come ribadisce Valerio Zanone nel suo intervento ?ad avvicinare Gobetti e Prezzolini era il comune bisogno di mettere la cultura italiana in rapporto con l’europea, esercitando il compito di liberare l’Italia dal provincialismo?. Sempre più questa appare infatti oggi l’eredità autentica e duratura di Gobetti: l’ansia di scrollarsi di dosso le angustie, i conformismi, le grettezze miopi di una cultura prigioniera di un localismo estraneo alle correnti vive e profonde dell’Europa; la speranza di vedere infine prevalere un’altra Italia, quella ?civile?, antiretorica, moderna e costruttiva, dotata di ?fibra morale? e non di mediocre opportunismo servile. Del resto, il motto di Gobetti editore era ?che ho io a che fare con gli schiavi??

Marco Brunazzi