Cerca

Valentina Pisanty – La difesa della razza. Antologia 1938-1943 – 2006

Valentina Pisanty
con un contributo di Luca Bonafé, Milano, Bompiani, 376 pp., euro 9,50

Anno di pubblicazione: 2006

L’autrice pubblica una selezione ragionata e commentata di articoli del quindicinale «La difesa della razza» (1938-1943), articolata in sei capitoli: La difesa della razza (ossia la storia della rivista); Ma cos’è questa razza?; Catalogare le razze; Stereotipi razzisti; Pura razza italiana (di Bonafé); L’Eterno Ebreo. Il volume pare diretto a un pubblico già in possesso di informazioni sull’azione razzista e antiebraica del fascismo e ora interessato a conoscere in particolare il contenuto del discorso sviluppato dalla principale rivista di divulgazione di quei temi. Il periodico viene come disteso su un tavolo anatomico, disaggregato e riaggregato, con un ottimo intreccio di articoli ed «elementi paratestuali»: le assai curate e «moderne» copertine e illustrazioni interne. L’impostazione narrativa prevede frequenti domande in apertura o nel corso della narrazione: «Cosa si sapeva del concetto di razza ai tempi in cui Telesio Interlandi lanciava la sua rivista? [?] Qual era la rete di immagini e di conoscenze che la parola razza potenzialmente attivava nella mente di un italiano o di un’italiana nel 1938?» (p. 67). Come esempio di risposta si possono riportare brevi passi del paragrafo sugli africani: «L’approccio è sempre quello del naturalista che esamina i suoi esemplari con impassibile superiorità, schedandoli. [?]. Il disprezzo trapela abbondantemente nelle scelte lessicali. [?] Spetta pertanto a noi di portare alla luce le premesse che questi testi lasciano implicite» (pp. 170-1). Quanto agli ebrei, è di interesse il fatto che essi siano oggetto delle foto più repulsive o inquietanti e dei titoli più aggressivi (pp. 261-4). Del saggio di Bonafé in questa sede interessa particolarmente il paragrafo La storia secondo i razzisti. Come egli nota, gli articoli «storici» della rivista giungono tutti alla conclusione che «fare storia non significa ricercare qualcosa», poiché tanto il passato quanto il presente «hanno già ricevuto una spiegazione nel razzismo» (p. 220) (condivido la scelta di «nel» invece che «dal»). L’ultimo capitolo (quello sull’antisemitismo) contiene un interessante ma a mio parere troppo lungo excursus sui Protocolli dei savi anziani di Sion, da Pisanty motivato col fatto che «la traballante costruzione concettuale dell’antisemitismo fascista» aveva per stampella «il mito della cospirazione», fondato innanzitutto sui Protocolli (p. 20). La sua presenza contrasta anche col fatto che il pamphlet ha rarissime menzioni esplicite nella rivista (e mai da parte di Interlandi, Evola, Almirante) (p. 340). Pisanty (ignara dell’imminente impegno pubblico del Mulino per una nuova valutazione delle confessioni rilasciate sotto tortura) segnala negativamente la presenza di articoli sul piccolo Simone, secondo i difesarazzisti «ucciso dagli ebrei [?] per fini rituali» (p. 273). Il volume si conclude con la constatazione: «Dello sterminio in corso non si fa accenno» (p. 353).

Michele Sarfatti