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Valter Curzi – Bene culturale e pubblica utilità. Politiche di tutela a Roma tra ancien régime e Restaurazione – 2004

Valter Curzi
Bologna, Minerva, pp. 254, euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2004

Studioso di storia della legislazione di tutela del patrimonio storico-artistico, Curzi si propone di rintracciare ?il momento storico in cui il bene culturale ha acquisito nel nostro paese lo status di bene di utilità pubblica? (p. 11). Il volume affronta quindi una serie di nodi che vanno dal ruolo dello Stato nel garantire la tutela dei beni culturali alla funzione sociale del patrimonio.
Servizio pubblico, responsabilità civile, vantaggio collettivo sono i tre punti su cui l’analisi s’impernia richiamando età ed epoche diverse, e identificando la presa di coscienza progressiva della necessaria limitazione del diritto di proprietà. Partendo dalla Roma pontificia, l’autore mostra gli elementi di continuità che dal Quattrocento in poi segnarono la via per la definizione di un regime legislativo protezionistico. In questo senso, il libro ripercorre vicende e illustra provvedimenti che fecero della capitale la sede privilegiata della precoce maturazione della coscienza del valore storico del monumento e della conseguente necessità della sua conservazione.
Punto di partenza dell’analisi è il tentativo di Carlo Fea, commissario delle Antichità dal 1800 al 1836, di raccogliere testi e documenti utili ad abbozzare una prima forma di storia della tutela. Contestualizzando provvedimenti di vario tipo, la raccolta legittimava la pratica della conservazione che allora andava affermandosi come ?necessità civica che trascende l’utile privato? (p. 13). Necessità che derivava dal confronto con questioni peculiari, quali la sottrazione e poi (parziale) restituzione di opere d’arte da parte della Francia rivoluzionaria, il dibattito sulla decontestualizzazione e ricontestualizzazione dei beni culturali, la nascita del museo come risposta all’iconoclastia. Aprendo orizzonti culturali e simbolici nuovi, questi fenomeni favorirono l’affermarsi del principio di utilitas publica delle testimonianze della storia, principio tradotto in interventi governativi tesi a non disperdere tradizioni artistiche e monumentali peculiari, e a considerare la fruizione collettiva del patrimonio come strumento dalla valenza educativa e civile fondamentale.
Rispetto ad altre analisi e ad altri autori che hanno affrontato in passato l’argomento, il libro di Curzi sottolinea la centralità del dominio francese per lo sviluppo di una nuova politica dei beni culturali. La documentazione archivistica impiegata mostra infatti il ruolo fondamentale degli amministratori francesi a Roma nel promuovere una legislazione protezionistica garante della valorizzazione e dell’integrità del patrimonio artistico e monumentale della capitale. Grazie al loro contributo si definì un impegno nuovo da parte dello Stato in una politica di tutela ?dagli obiettivi e dalla programmazione vasta e articolata? (p. 95), che riprese editti e decreti dell’ex Stato Pontificio, ampliandone gli orizzonti e le competenze. Gli anni francesi diventano così centrali in un lavoro attento a delineare continuità e rotture di una stagione amministrativa che produsse un modello e una concezione di tutela tramandati nel tempo e trasmessi in vari contesti nazionali.

Simona Troilo