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Vincenzo Mantovani – Anarchici alla sbarra. La strage del Diana tra primo dopoguerra e fascismo – 2007

Vincenzo Mantovani
Milano, Il Saggiatore, 585 pp., Euro 14,50

Anno di pubblicazione: 2007

Si tratta della riedizione di un lavoro analitico edito nel lontano 1979 (Rusconi) a cura di un giornalista spinto a questa impresa dall’eco delle bombe di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969. I quotidiani di quei giorni riesumavano le vicende del Diana alla ricerca di un precedente atto terroristico di matrice anarchica mentre le indagini sulla strage alla Banca dell’Agricoltura non avevano ancora una direzione precisa. L’attentato del Teatro Diana (Milano, 23 marzo 1921) con i suoi diciotto morti e quasi un centinaio di feriti, equivaleva come conseguenze fisiche a quello appena accaduto. Come ben rileva l’a., i due eventi avevano un significato profondamente diverso. L’esplosione al Diana fu «l’ultimo rantolo disperato e spaventoso della rivoluzione che moriva soffocata dalla reazione e dai tradimenti» secondo Carlo Molaschi, anarchico attivissimo nell’infuocato dopoguerra milanese. La ricostruzione mette a fuoco l’ambiente sovversivo, e pure quello reazionario, della città industriale lombarda: a livello elettorale dominavano i socialisti con una forte base operaia soprattutto periferica, nei movimenti di protesta si notava una dinamica presenza anarchica che poteva contare anche sul quotidiano «Umanità Nova», nel centro cittadino si stava evolvendo l’avventura politica di Benito Mussolini. Mantovani raccoglie molti materiali e contestualizza i fatti del Diana evidenziando più di un lato oscuro. Resta tale – malgrado le interviste che lo stesso giornalista realizzò tra i vecchi anarchici milanesi nei primi anni ’70 -, la collocazione dell’esplosivo diretto contro il questore Giovanni Gasti, il responsabile materiale della montatura che teneva in carcere da cinque mesi Errico Malatesta, Armando Borghi e Corrado Quaglino. I tre detenuti erano in sciopero della fame per un obiettivo legalitario: la fissazione del processo nel quale difendersi dall’accusa di cospirazione. Le loro condizioni di salute erano gravi e alcuni militanti, già abituati alla violenza nell’aspra lotta del «biennio rosso», ritennero necessario un colpo clamoroso contro il sistema poliziesco quale azione di solidarietà concreta. Senonché Gasti non abitava da tempo nell’appartamento dell’Hotel Diana annesso al Teatro e la potente carica di dinamite portata sul muro esterno dell’edificio mancò l’obiettivo. Peraltro gli effetti del Diana furono determinanti, anche secondo l’a., nella crisi dell’anarchismo. L’azione terroristica favorì l’ascesa al potere del fascismo: gli incendi immediati di «Umanità Nova» e de «L’Avanti!» nonché del sindacato libertario USI, l’arresto di centinaia di anarchici, il potere esibito delle squadre fasciste, con il tacito consenso del prefetto, sul centro di Milano e sullo stesso funerale segnarono il trionfo di Mussolini. Egli si offrì alla borghesia intimorita come prezioso baluardo contro il pericolo sovversivo. Particolare attenzione è riservata dall’a. all’atteggiamento della stampa conservatrice, anche moderata, che appoggiò il salto di qualità del fascismo milanese. Purtroppo questo volume, tuttora utile, non è stato aggiornato con l’analisi delle numerose opere storiche sull’anarchismo italiano edite negli ultimi decenni.

Claudio Venza