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Vincenzo Santangelo – Le Muse del popolo. Storia dell’Arci a Torino. 1957-1967 – 2007

Vincenzo Santangelo
Prefazione di Giovanni De Luna, Milano, FrancoAngeli, 285 pp., Euro 21,00

Anno di pubblicazione: 2007

La capacità di associare gli individui anche al di fuori del luogo di lavoro, offrendo strutture e occasioni in grado di accoglierne gli interessi, ha costituito una delle più importanti risorse a disposizione della politica novecentesca. Ciò vale soprattutto per gli esordi dell’Italia repubblicana, periodo durante il quale, proprio grazie all’opera e alla sensibilità dei partiti politici, fu dispiegata un’imponente opera di alfabetizzazione degli italiani alle regole della democrazia. Merito di quella stagione politica fu anche il riuscire a traghettare nella società moderna, profondamente modificata dalla guerra e in procinto di essere travolta da nuovi modelli socio-culturali, le gloriose esperienze del passato. Il patrimonio di valori, tradizioni e strumenti del «lungo Ottocento» in tal modo non si disperse. Anzi, fu anche grazie alla sua preservazione che si poté impostare il successivo processo di modernizzazione delle ideologie, delle strutture politiche e delle coscienze dei militanti. L’importanza dell’associazionismo politico è da tempo riconosciuta, al pari della sua formidabile ricchezza di esperienze e delle innumerevoli forme d’organizzazione. Anche per questo motivo lo studio di Santangelo appare molto utile; non solo perché permette di ricostruire le scelte compiute dai comunisti della grande città operaia nel campo dell’offerta culturale e ricreativa, ma in quanto consente di seguire le dinamiche attraverso cui i «frivoli» gusti della società civile penetrarono all’interno del tetragono e autocompiaciuto mondo comunista. Per limiti di documentazione archivistica lo studio purtroppo non affronta gli anni ’70, periodo cruciale durante il quale maturò la crisi delle forme organizzative messe a punto dai partiti di massa negli anni ’50. Ciò nonostante l’a. ha il merito di riconoscere come i primi segnali di quella crisi fossero evidenti fin dalla metà degli anni ’60; fu proprio in quel periodo infatti che s’approfondì il fossato che divideva cultura di massa, sempre più segnata dall’influenza della televisione, e cultura superiore. A questo proposito il discorso potrebbe (e dovrebbe?) essere più complesso, dal momento che occorrerebbe riflettere con maggiore attenzione sui motivi dell’improvviso sovvertimento dei confini tra cultura popolare e cultura d’élite. Improvvisamente, infatti, ciò che fin lì aveva rappresentato un modello di divertimento popolare – come la musica classica od operistica, per esempio – si ritrovò relegato negli angusti e non troppo comodi spazi della cultura elitaria. Da questo punto di vista l’esperienza dell’Arci di Torino, che tanto aveva puntato sulla promozione della cultura musicale colta (tramite il Circolo Toscanini), avrebbe potuto costituire un ottimo terreno di analisi per riflessioni forse più approfondite. Ciò nonostante, lo studio ci mostra come il problema sia stato lucidamente colto dai dirigenti dell’epoca. Numerosi furono infatti i convegni e i momenti di riflessione per comprendere le forme e i motivi delle trasformazioni che stavano imponendosi. Come giustamente ha osservato l’a. a quel punto però stava iniziando una storia del tutto nuova per l’Arci, a Torino e nel resto del paese.

Andrea Baravelli