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Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte, 1940-1943

Mario Avagliano, Marco Palmieri
Bologna, il Mulino, 376 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2014

La guerra del 1940-1943 è stata a lungo rimossa o comunque ricordata come una
guerra solo fascista, voluta da Mussolini e subita da un popolo che non nutriva mire
espansioniste e imperiali. Rispetto a ciò, nell’ultimo quarto di secolo, vi è stata una salutare reazione storiografica, tesa invece a reinserire a pieno titolo questo triennio bellico nella
storia nazionale e nelle sue dinamiche strutturali di medio e lungo periodo.
Il volume di Avagliano e Palmieri si inserisce felicemente in questa lunga stagione
di scavo storico, racchiudendone tra l’altro importanti acquisizioni e categorie tematiche.
Esso offre un’ampia ricostruzione dello spirito, delle idee e della visione del mondo che
animarono gli italiani sotto le armi, impegnati sui diversi fronti tra l’entrata in guerra
del giugno 1940 e l’armistizio dell’8 settembre. Possiamo dire che gli aa. hanno offerto a
proposito dei militari quello spaccato di sentimenti, aspettative e paure che Pietro Cavallo
propose anni fa per il fronte interno (Italiani in guerra. Sentimenti e immagini dal 1940
al 1943, il Mulino 1997).
Riguardo alla diade civili-soldati, Avagliano e Palmieri colgono un «paradosso» per
cui «spesso è chi si trova sotto le armi a incoraggiare i parenti a casa e non viceversa» (p.
24). Ciò è in realtà ben spiegabile dal fatto che il fronte interno sperimenta in prima persona l’inefficienza e la corruzione del regime, trovandosi peraltro esposto ai raid aerei di
un conflitto tecnologico ormai senza limiti. Per contro, nelle caserme e nelle trincee, nel
deserto rovente e sui monti della Grecia, si forma quel particolare spirito della comunità
in armi che la storiografia ha illuminato soprattutto per la Grande guerra, ma che ora,
grazie anche a volumi come questo, viene ben documentato pure per il 1940-1943.
Il volume si regge su una vasta mole di fonti: la corrispondenza dei militari di ogni
grado e classe sociale, il materiale prodotto dalle commissioni di censura, la memorialistica, le relazioni delle autorità militari sulle condizioni e sul morale delle truppe, le carte
di polizia relative ai soldati. Gli aa. intrecciano con piacevolezza letteraria documenti di
diverso tipo, mostrandosi consapevoli delle difficoltà metodologiche legate al loro utilizzo
e al problema di cimentarsi con categorie sfuggenti come speranze e paure, miti e valori
identitari.
Il quadro che ne scaturisce, in linea con altri lavori degli ultimi anni, mostra un forte
e diffuso consenso alla guerra del 1940, che ha alle spalle il martellamento propagandistico ed educativo di vent’anni di dittatura, ma anche motivi di più lungo periodo, legati ad
esempio alle credenze religiose e al nazionalismo dell’età liberale. L’adesione alla guerra e
ai suoi obiettivi subisce duri colpi fin dai rovesci in Grecia, ma essa rimane alta fino alla
tragica ritirata di Russia, per conoscere un tracollo solo nei finali e caotici mesi del 1943.
Per dirla col passo epistolare del 1946 di Gaetano Salvemini, riportato al principio del
volume, «inutile andare in giro raccontando che la guerra fu voluta dal solo Mussolini e
non dall’Italia» (p 7)

Gianluca Fiocco