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Vittorio Emanuele Orlando – Discorsi Parlamentari – 2002

Vittorio Emanuele Orlando
con un saggio di Fabio Grassi Orsini, Bologna, il Mulino, pp. 1.052, euro 48,00

Anno di pubblicazione: 2002

Questa edizione dei discorsi di Orlando, per quanto riprenda materiali già pubblicati due volte (nel 1954 e nel 1965, come è correttamente avvertito dal curatore in premessa) ha molti pregi: è più accurata delle precedenti, è affidata a un editore esterno all’istituzione per una migliore diffusione (una scelta di cui non ci si può che compiacere col presidente Pera), e, soprattutto, è fornita di buoni apparati di servizio (per esempio un accurato elenco dei discorsi di Orlando alla Camera) e di un pregevole saggio di un centinaio di pagine ad opera di Fabio Grassi Orsini, che fornisce un quadro a tutto tondo della vicenda di un personaggio che fu al tempo stesso un notevole studioso di diritto pubblico e un uomo politico protagonista in molti passaggi storici cruciali.
La scelta di introdurre adeguatamente i materiali raccolti è particolarmente apprezzabile non solo per la statura del personaggio e per la complessità della sua presenza, ma per la natura piuttosto peculiare di questi contributi. Si tratta infatti nella loro maggioranza degli interventi di un uomo che si muove nella fase ricostruttiva del sistema statuale italiano e alla Costituente: poiché siamo davanti a quello che era considerato uno dei maestri (se non ?il? maestro) della nostra giuspubblicistica, nonché ad un politico che aveva consacrato la sua fama come ?Presidente della Vittoria?, non si tratta di discorsi sottotono (nonostante venissero da un ottuagenario, la cui lucidità intellettuale impressiona).
Capire questa fase della vicenda di Orlando, che pure non rappresentò un successo, né esercitò una particolare influenza, è tutt’altro che facile. Grassi Orsini ha scritto un saggio dotto e accurato, compiendo anche ricerche di prima mano. La più importante di queste riguarda l’attività di Orlando fra il giugno 1943, quando iniziò a profilarsi la crisi finale del regime, e il giugno 1946 quando il referendum chiuse la prima fase della transizione politica. Utilizzando anche un documento inedito, un ?Diario? di Orlando, Grassi Orsini ha illuminato una pagina assai poco nota della nostra storia, e cioè l’attività della vecchia classe dirigente liberale nella gestione dell’immediato postfascismo.
Di questa esperienza Orlando stesso parla con una certa dovizia (e talora arguzia) nei suoi discorsi. Naturalmente quelli svolti alla Costituente risentono della sua delusione di essere stato messo ai margini. Molte sue critiche mostravano comunque la zampata del vecchio leone e coglievano debolezze che i decenni successivi avrebbero portato impietosamente alla luce.
Paradossalmente dove Orlando continuava a rivelarsi debole era in politica estera. Il prefatore ha voluto difenderne l’opera a Versailles, ma a noi ciò pare piuttosto arduo. Nel secondo dopoguerra coi suoi discorsi contro l’accettazione del trattato di pace (quando giunse ad accusare De Gasperi di ?cupidigia di servilismo? verso gli Alleati) e contro l’adesione dell’Italia alla NATO, il vecchio ?homo parlamentaris?, come amò definirsi, confermò che quanto a capacità di cogliere la trama degli eventi internazionali, il liberalismo italiano non aveva mai più trovato un uomo neppure lontanamente all’altezza del Conte di Cavour.

Paolo Pombeni