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Vittorio Emiliani – Benedetti, maledetti socialisti – 2001

Vittorio Emiliani
Milano, Baldini & Castoldi, pp. 280, euro 14,46

Anno di pubblicazione: 2001

Vittorio Emiliani (ex direttore del ?Messaggero?, deputato progressista nella penultima legislatura, consigliere di amministrazione Rai con la presidenza Zaccaria) è nato a Predappio, il paese di Mussolini. Si potrebbe dire che, con i socialisti, nelle varie sfumature di questo termine, ha avuto a che fare fin dalla culla. Ed in effetti è stato così. Questo suo ultimo libro è il racconto autobiografico e con un taglio giornalistico della propria formazione politica, dal liceo di Ferrara all’inizio degli anni ’50 (quelli della legge-truffa, in una città della Bassa Padana ricca di tradizioni culturali, ma circondata da un mondo di braccianti, disoccupati e povertà) agli studi universitari tra Pavia e Voghera. Sono gli anni della scoperta della politica e del giornalismo, attraverso i giornaletti universitari, l’Unione goliardica italiana (palestra di tanti futuri leaders politici), gli ?amici del Mondo?, il Partito radicale e le correnti di sinistra del Psdi. Emiliani ci conduce per mano attraverso persone, cose, idee di una stagione che ci appare contemporaneamente vicina e distante. L’ammirazione per la tradizione riformatrice laburista e socialdemocratica diventa, nel ’56, la coscienza dell’?impossibilità di essere comunisti?, anche tenendo sempre presente la necessità di ?un’unità dialettica, competitiva? a sinistra, nel nome dello spirito della Resistenza e dell’antifascismo militante, con un Pci che ha avuto la capacità e l’intelligenza (con tutti i limiti che Emiliani sottolinea ripetutamente) di annettersi la migliore tradizione del riformismo socialista degli inizi del secolo: la buona amministrazione locale e la cooperazione. La sconfitta dell’alleanza radical-repubblicana alle elezioni politiche del 1958 segna, per Emiliani, anche la decisione di iscriversi al Psi (vi rimarrà per 20 anni, fino al 1978). È ancora tempo di discriminazioni politiche e di censura clericale, di ?culturale? scelbiano e di parole (peggio, di desinenze) proibite in televisione. Ma è anche la stagione del primo centro-sinistra, della collaborazione all’?Espresso? e al ?Giorno?, del fervore programmatore e del difficile cammino dell’autonomia socialista, del boom economico e di una Milano che sembrava veramente (allora) una delle capitali culturali d’Europa. Italo Pietra ed Eugenio Scalfari, Aldo Moro e Riccardo Lombardi, Enzo Forcella e Gaetano Afeltra, nomi noti e meno noti della sinistra e del giornalismo italiano passano così davanti ai nostri occhi, in una galleria di personaggi sempre descritti con attenzione ai loro tratti umani, alle loro qualità e ai loro vezzi. Inevitabilmente, le ultime pagine del libro di Emiliani sono dedicate a Craxi, al craxismo e alla fine del Psi. Un ritratto in chiaroscuro, nel quale le righe più dure non sono quelle dedicate al segretario del Psi, ma alla sua corte. Anzi, a Craxi viene riconosciuto il merito di aver posto sul tappeto del dibattito politico questioni fondamentali per una democrazia, come quelle delle riforme istituzionali e del garantismo giudiziario. Ma la strategia craxiana mancava di ?forza programmatrice e di etica?. La divaricazione fra idee e comportamenti del ceto dirigente del Psi non potevano che condurre a Tangentopoli e se accanimento giudiziario vi fu, le ragioni della sconfitta di Craxi, della mutazione genetica e del suicidio collettivo del Psi furono tutte politiche.

Giovanni Scirocco