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Voci della memoria. L’uso delle fonti orali nella ricerca storica

Bruno Bonomo
Roma, Carocci, 175 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2013

Mancava, nel panorama nazionale, un testo introduttivo alla storia orale da poter mettere nelle mani di studenti e dei numerosi praticanti di ricerche con fonti orali, per renderli consapevoli degli aspetti storiografici, teorici e metodologici del loro lavoro. Verba manent, il primo «manuale» in italiano pubblicato da Giovanni Contini e Alfredo Martini nel 1993, è da anni fuori commercio, e altri testi di riferimento più recenti (Storie orali di Alessandro Portelli, Introduzione alla storia orale a cura di Cesare Bermani, Fonti orali: istruzioni per l’uso, curato dallo stesso Bermani e da Antonella De Palma) sono raccolte di saggi e di esperienze di ricerca che non hanno l’immediatezza d’uso che il libro di Bruno Bonomo assicura. Tuttavia – per fortuna – a differenza di alcuni handbook anglosassoni, Voci della memoria non è un manuale normativo, e anzi l’autore in più punti rimarca il fatto che l’utilizzo delle fonti orali richiede un certo mestiere, ma non configura una disciplina.
Se quella degli oralisti è una «comunità di pratica», il libro di Bonomo rappresenta un momento importante di autoriflessione ed elaborazione della memoria del gruppo. È la prima sintesi scritta da un esponente della generazione per cui le fonti orali non sono più un terreno di battaglia e per la quale – inoltre – è cambiata l’idea di «storia militante» che ne era alla radice: «la prospettiva da cui scrivo – chiarisce l’autore – non è quella di uno “storico orale” ma semplicemente di uno storico interessato agli aspetti metodologici del mestiere» (p. 11). Bonomo si è formato tra gli anni ’90 e i 2000, nel pieno del linguistic turn e dell’«era del testimone», all’interno di un’università in cui anche storici affermati si davano ai memory studies e riconoscevano la legittimità delle fonti orali. Tutto ciò gli consente di fare il punto con grande competenza e pacatezza, di sottolineare il valore della «scuola italiana» all’interno del panorama internazionale della storia orale, ricordando altresì le peculiarità di altri contesti nazionali e la circolarità di esperienze che si è consolidata negli ultimi vent’anni attraverso confini sia geografici che disciplinari.
La storia orale non è più un fantasma che si aggira nei corridoi dell’accademia, vuol dirci Bonomo. Se ciò sia del tutto un bene, sarà il futuro a chiarirlo.

Alessandro Casellato