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Yaroslav Trofimov – L’assedio della Mecca. La rivolta dimenticata, la nascita di al Qaeda e la genesi del terrore – 2008

Yaroslav Trofimov
Roma, Newton Compton, 286 pp., euro 18,90

Anno di pubblicazione: 2008

Il 1979 fu un anno fatale per il futuro assetto del Medio Oriente: segnato al suo inizio dalla rivoluzione khomeinista in Iran, si concluse con l’intervento sovietico in Afghanistan. «L’onda d’urto» ? nelle parole di Gilles Kepel ? del primo evento, prima di scuotere o travolgere gran parte dei regimi mediorientali, lambì a novembre ? nella stagione del pellegrinaggio ? il Regno saudita, con l’occupazione della Grande Moschea della Mecca da parte di un gruppo di rivoltosi d’ispirazione messianica. L’episodio, benché nascosto in gran parte dalla censura del Regno, influenzò profondamente l’alleanza fra gli interessi strategici sauditi e statunitensi e il movimento jihadista d’ispirazione wahhabita che avrebbe contribuito a sconfiggere l’esercito sovietico in Afghanistan dieci anni più tardi, alleanza i cui effetti rovinosi non sembrano ancora esauriti. Trofimov, corrispondente estero per il «Wall Street Journal» e ottimo conoscitore della lingua e della cronaca recente del Regno saudita, ricostruisce le fasi poco note dell’occupazione del santuario in un racconto avvincente e di grande interesse storico, fondato sui rari documenti e resoconti giornalistici, aggiungendovi proprie interviste a molti dei superstiti. L’insurrezione, condotta allo scopo di consacrare un beduino poco più che ventenne come Mahdi, il messia atteso, nel luogo più santo dell’islam, scalzando la corrotta dinastia saudita, fu capeggiata da Juhayman al-Utaybi, discendente di quegli Ikhwan beduini ? combattenti per il riformismo wahhabita ? che contribuirono all’ascesa degli al-Saud nello Hijaz all’inizio del XX secolo, e furono poi emarginati da Abd al-Aziz e dai suoi figli. L’assedio del santuario da parte delle truppe saudite durò due settimane, nel corso delle quali le poche notizie trapelate provocarono nell’intero mondo musulmano proteste e disordini contro gli Stati Uniti, ritenuti colpevoli dell’occupazione. Solo l’intervento dei corpi speciali inviati dallaFrancia ebbe, alla fine, ragione degli occupanti ? circostanza scandalosa sufficiente a giustificare l’imperativo del silenzio sull’intera vicenda, insieme agli innumerevoli errori di strategia e di tattica politica commessi dal governo e dai suoi alleati occidentali. Ben più grave fu però, per la dinastia saudita, la manifestazione di uno spirito jihadista connaturato nella propria élite e legittimato dalla storia stessa della fondazione del Regno, nato dall’appello a riformare il sunnismo corrottosi nella distanza dal modello profetico. Fu proprio nel tentativo di placare tale spirito e di acquietare i propri critici, suggerisce l’a., che il governo saudita avrebbe risolto di finanziare il jihad afgano. In questo senso egli interpreta un po’ forzatamente la rivolta di Juhayman, eroe consacrato del pantheon jihadista contemporaneo, come annunzio dell’avvento di al-Qaeda, laddove è forse più giusto ritenere che entrambe traggano origine, con caratteri diversi legati alle circostanze della rispettiva formazione, dalla debolezza intrinseca di un regime condannato dall’originaria missione riformatrice a coltivare un’ideologia antipolitica e oltremondana.

Bruna Soravia