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Mary Tibaldi Chiesa. La prima donna repubblicana in Parlamento tra cooperazione internazionale e mondialismo

Silvio Berardi
Milano, FrancoAngeli, 295 pp., € 35,00

Anno di pubblicazione: 2012

Il volume ricostruisce la biografia politica di Mary Tibaldi Chiesa – figlia del più noto repubblicano Eugenio Chiesa, e conosciuta maggiormente come scrittrice e librettista – e la suddivide in tre fasi. La prima ripercorre la formazione politica e ideale (nell’infanzia e nella prima adolescenza) che ne influenzò la carriera condotta all’ombra del pensiero paterno e ricostruisce la rete di relazioni della comunità repubblicana durante il ventennio fascista. La seconda fase abbraccia l’attività parlamentare circoscritta a meno di una legislatura, per via della convalida dell’elezione avvenuta «a scoppio ritardato» solo dopo quindici mesi dalle consultazioni elettorali dell’aprile 1948 (p. 100), ma intensa per i contenuti apportati al dibattito pubblico. I temi proposti da Tibaldi Chiesa si inserivano nella tradizione mazziniana: il superamento della dimensione nazionale attraverso l’istituzione di un ordine federalista e la cooperazione internazionale; il raggiungimento dell’emancipazione femminile come fattore di progresso; la difesa dei diritti umani e l’abolizione della pena di morte; l’indipendenza dei popoli oppressi, il miglioramento della condizione operaia, e la tutela dell’infanzia. La terza è dedicata all’impegno post-parlamentare e appare la più interessante: questo impegno si concretizzò nella partecipazione di Mary Tibaldi Chiesa a organizzazioni e associazioni internazionali finalizzate all’affermazione dei diritti umani e alla pace nel mondo e comprese anche il tentativo di riformare le Nazioni Unite in senso più democratico.
Il filo rosso che percorre il volume è – come indicato da Neva Pellegrini Baiada nell’introduzione (p. 16) – l’illimitata fiducia di Tibaldi Chiesa nelle potenzialità delle donne italiane, potenzialità inespresse a causa di pregiudizi maschili e resistenze femminili «a occupare un ruolo nella società che non fosse soltanto di madre e di moglie» (p. 177). La monografia si inserisce nel filone di studi biografici sui quadri intermedi delle organizzazioni politiche italiane e ricostruisce, con l’ausilio di una vasta gamma di fonti, la vita di un personaggio rimasto ai margini della storiografia e della memoria, anche per la duplice circostanza di appartenere al sesso femminile e a un partito d’élite, e non di massa, come quello repubblicano. Una figura poliedrica come quella ricostruita soffre dell’essere costretta nella categoria del personaggio di seconda fila, continuamente posta al confronto sia con il pensiero e le attività della più autorevole figura paterna, sia con pensatori di rilievo storico evidentemente superiore, quali Mazzini e Cattaneo. Ad esempio, costringe un po’ nell’ombra alcune felici intuizioni di Mary Tibaldi Chiesa quali la creazione di una moneta unica o l’utilizzo del nucleare per scopi pacifici (p. 135).
Il pregio maggiore della ricerca è proprio di riportare alla luce, attraverso l’utilizzo di fonti in gran parte inedite, una donna poco conosciuta ed eclettica (parlamentare, scrittrice, poetessa, musicista, cittadina cosmopolita), nonché una delle prime elette al Parlamento della Repubblica italiana.

Debora Migliucci