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L’altra genesi. Storia della fecondazione artificiale

Emmanuel Betta
Roma, Carocci, 268 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2012

Il libro si annuncia con una bella copertina dov’è riprodotta la fascia superiore della Sacra conversazione di Piero della Francesca: il catino dell’abside occupato da una grande conchiglia dov’è sospeso un uovo di struzzo, simbolo di vita e di rinascita. Di vita e di nascita trattano, in maniera diversa, tutti i cinque capitoli e l’epilogo italiano dedicato a quell’infausta legge 40/2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) che ha subito, dopo travagliato parto, un continuo processo di demolizione da parte di vari tribunali, della Corte costituzionale e della Corte europea. Sorte più che meritata. Riprodurre artificialmente esseri viventi è una tentazione che ricorre sovente nella cultura occidentale – ma non solo in quella – vissuta da più parti e agenti, con numerosissime varianti nel corso di una lunga durata. Il libro di Betta ne esamina con cura una forma specifica, riguardante le pratiche della fecondazione artificiale, dal XVIII secolo a oggi. Finalità prevalenti d’ibridazione ebbero le prove fatte su animali da Réaumur già intorno al 1737, permanendo l’oscurità che avvolgeva i fenomeni del trasmettersi della vita e che aveva ispirato fino allora le congetture preformiste. Conosceva quelle prove l’abate Spallanzani quando, pochi decenni dopo, approfondì ed estese la sperimentazione.
Svariati generi e specie furono coinvolti nel suo inseminare: rane rospi e salamandre dapprima, poi mammiferi. Lo scopo del naturalista si limitò a svelare i misteri della generazione del vivente, mentre le applicazioni erano ancora di là da venire. Dalle carte di John Hunter – medico e chirurgo di origine scozzese, la cui straordinaria collezione anatomica e fisiologica forma l’Hunterian Museum di Londra – risulta come a lui si debba attribuire, verso fine ’700, la prima inseminazione operata su una donna, ideata come rimedio alla sterilità, e culminata in una nascita. Il libro di Betta dà conto ampiamente, e con molta chiarezza, degli sviluppi ottocenteschi e novecenteschi, sia rispetto alla progressiva legittimazione scientifica degli interventi fecondativi, sia per quanto riguarda l’inevitabile approdo della questione alla sfera pubblica, con la conseguente e netta condanna da parte della Chiesa cattolica, essendo in gioco il divaricarsi di sessualità e riproduzione. E non mancheranno ovviamente implicazioni eugenetiche, quando l’intero mondo «civilizzato» sarà stato preso dall’assillo della degenerazione. Che in Italia proprio un mangiapreti come Paolo Mantegazza – le cui opere divulgative furono regolarmente messe all’Indice – si cimentasse anche nella crioconservazione del seme maschile, da impiegare a distanza di tempo dall’emissione, mostra quanto la fecondazione diventasse fra l’altro un’arma del locale Kulturkampf. Più in generale, Betta rileva come il tema affrontato sia di quelli «perturbanti», che suscitano emozioni e conflitti. Vi è implicata una molteplicità di sguardi, discorsi e azioni: ne deriva così una storia di complessi e mutevoli intrecci fra scienza, religione, morale e diritto, non facile da ricostruire e raccontare.

Claudio Pogliano