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1968. Südtirol in Bewegung

Birgit Eschgfäller
Bolzano/Bozen, Raetia, 405 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2018

Sessantotto e Sudtirolo: l’accostamento dei due lemmi potrebbe suonare beffardo, ma lo studio di Birgit Eschgfäller, insegnante altoatesina, libera immediatamente lo sguardo da scontati pregiudizi per fare luce sulle propaggini alto-atesine del movimento. A partire da un confronto con la storiografia standard sul Sessantotto, soprattutto di lingua tedesca, l’a. richiama gli aspetti qualificanti il movimento per analizzarne poi, sulla base di fonti prevalentemente a stampa e orali, le manifestazioni nel contesto sudtirolese.
Ne risulta uno studio che arricchisce la comprensione sia del Sessantotto che del Sudtirolo. Rispetto al Sessantotto emerge in maniera cristallina, data l’estrema chiusura della regione, la straordinaria forza d’impatto delle comunicazioni di massa, delle culture e controculture giovanili e dei messaggi da queste veicolati. Al riguardo l’a. insiste sul ruolo della musica, dei giornali di associazioni studentesche – tra cui la Südtiroler Hochschülerschaft (Sh), l’associazione degli studenti universitari sudtirolesi sparsi tra Atenei italiani, austriaci e tedeschi data l’assenza di un’università in Alto Adige – e di alcune figure di raccordo. Giornali come «Skolat», l’organo della Sh e «die brücke», il primo giornale in tedesco e in italiano, ma anche numerosi giornali prodotti da studenti delle scuole secondarie superiori (pp. 124-146) proponevano temi e discussioni in crescente sintonia con le grandi questioni su cui si stava dispiegando il Sessantotto su scala transnazionale. Giocarono infine un ruolo fondamentale figure di raccordo che, muovendosi tra ambienti culturali e linguistici diversi, erano dotate delle risorse necessarie a superare i pregiudizi che condannavano il Sudtirolo a essere visto e ad autorappresentarsi come un mondo a parte. Tra di loro il più noto in Italia è Alexander Langer, che peraltro tradusse in tedesco la Lettera a una professoressa di don Milani (1967), rendendola accessibile ai suoi conterranei. Ma l’a. ci ricorda che Langer era solo un esponente di un più ampio milieu politico e culturale che produsse spaccature all’interno della Svp fino alla formazione di nuovi gruppi politici, tra cui Nuova Sinistra/Neue Linke, oltre a un nucleo ambientalista confluito poi nel Partito dei Verdi su scala nazionale.
Rispetto alle narrazioni dominanti sul Sudtirolo il libro offre una lettura dissonante, dando conto di una realtà articolata in pluralità di vedute, modelli culturali e orientamenti politici, stili di vita e modalità relazionali che, in quella regione, si palesarono nel contesto irriverente favorito dallo Zeitgeist del Sessantotto. In breve, il Sessantotto ebbe l’effetto di relativizzare, in parte, questioni di lingua e confini a favore di una maggiore attenzione per temi e problemi di portata transnazionale. L’a. ci invita pertanto a smettere di pensare i sudtirolesi come una comunità riversa su se stessa, omogenea e compatta, ipenetrabile e stabile nella sua capacità di autoriprodursi imperturbabile nel tempo. Invito che si auspica la storiografia italiana voglia accogliere.

Marica Tolomelli