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Sulle vie dell’esilio. I rivoluzionari romeni dopo il 1848

Antonio D’Alessandri
Lecce, Argo, 192 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2015

Lo snodo del 1848 è stato ampiamente studiato dalla storiografia. In Romania, in particolare, l’esplosione rivoluzionaria di metà ’800 è stata presentata prima della seconda guerra mondiale come il punto di partenza della storia nazionale e nel secondo dopoguer- ra come l’inizio di un processo che si sarebbe compiuto con l’avvento del regime comuni- sta. Negli ultimi trent’anni, invece, il tema è stato abbastanza trascurato, come forma di reazione alla lettura ideologica del periodo precedente il 1989.
La scelta dell’a. di tornare sul tema è legata soprattutto alla volontà di proporre un punto di vista diverso per una vicenda che è stata affrontata quasi esclusivamente da una prospettiva interna alla storia romena. D’Alessandri, infatti, si concentra sull’esilio, analizzandone non solo la ricaduta sul percorso di costruzione dello Stato romeno, ma anche la dimensione transnazionale di quella esperienza. Questo è probabilmente l’ele- mento di maggiore originalità del volume, dimostrato anche dalla scelta di individuare il limite temporale dell’analisi nel 1853 invece che nel 1857, la data in cui si mise in moto il processo istituzionale di costruzione dello Stato autonomo romeno. Il 1853, invece, è il momento in cui si esaurì il percorso di elaborazione intellettuale degli esiliati romeni. Da un lato, con la guerra di Crimea, avevano inizio le dinamiche che avrebbero portato alla realizzazione delle loro ambizioni. Dall’altro, l’irrigidimento del regime bonapartista restringeva gli spazi per una prosecuzione del dibattito intellettuale.
Dei rumeni in esilio vengono ricostruiti percorsi, contatti, idee. Tra i diversi luoghi di destinazione, Parigi emerge come centro di confronto ed elaborazione intellettuale per eccellenza. La capitale francese fu in quel periodo salotto e scuola per i rivoluzionari romeni, che poterono far maturare le loro idee nel più importante laboratorio politico europeo, confrontandosi anche con esuli di altre nazionalità come i polacchi. Parigi, inol- tre, rappresentò lo scenario dal quale la questione nazionale romena cominciò a essere conosciuta dagli Stati europei. L’a. ricorda ad esempio come la Question économique des Principautés danubiennes di Bălcescu sia stata una delle fonti di Marx (p. 87). Tale opera consente di illustrare anche le peculiarità della questione nazionale romena, nella quale la volontà di costruire uno Stato indipendente s’intreccia alla questione dei rapporti sociali tra la maggioranza contadina e una élite aristocratica.
Bălcescu era stato anche protagonista di un fallito tentativo di raccordo dell’insurre- zione romena con quella ungherese, a causa dell’inconciliabilità tra le diverse rivendica- zioni nazionali che, pur mosse dai medesimi ideali, risultavano divergenti nei loro obiet- tivi. La vicenda romena diventa quindi emblematica, con le sue elaborazioni intellettuali e i suoi fallimenti, di un intero movimento europeo.

Emanuela Costantini