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Dalla parte del nemico. Ausiliarie, delatrici e spie nella Repubblica sociale italiana (1943-1945)

Roberta Cairoli,
Milano-Udine, Mimesis, 262 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2013

Con una intelligente scelta delle fonti documentarie (in particolare le carte della
Corte suprema di cassazione, le Pratiche di grazia del Ministero di Grazia e Giustizia, i records
americani dell’Office of Strategic Services), l’a. restituisce un affresco delle «collaborazioniste
» che è importante per più ragioni. Innanzitutto offre un contributo alla storia
dell’occupazione tedesca, della Rsi, della guerra totale e civile e anche a quella dell’epurazione
del dopoguerra o, meglio, del fallimento dell’epurazione. Ma il libro si segnala
anche per una storia delle relazioni fra i sessi (la concezione delle donne come «minori»,
incapaci di scelte autonome, che si evidenzia specialmente da parte della Cassazione e che
le collaborazioniste, da parte loro, anche quelle molto attive politicamente, utilizzano nei
processi per essere, come saranno in gran numero, scagionate). L’esame dei casi personali
propone, inoltre, uno spaccato della società italiana del tempo più sfaccettata socialmente
e culturalmente. Fra le collaborazioniste si ritrovano donne delle più diverse estrazioni sociali,
anche se nello spionaggio organizzato nelle zone liberate o nei confronti dei partigiani
emergono soprattutto volti di studentesse e laureate (pp. 215 e 224), a testimonianza
del processo di modernizzazione avvenuto in Italia fra le due guerre mondiali.
L’ampia parte dedicata alla delazione di parenti, compagni di lavoro, amici, vicini di
casa e alle conseguenze di tale atto – perquisizioni domiciliari notturne, incarcerazioni,
torture, deportazioni, uccisioni – dà conto del livello totale dello scontro e di un habitat
insicuro, insidioso, feroce. La Rsi, da questa prospettiva, è un coacervo di gruppi di
polizia politica, ben sovvenzionati o capaci di ben sovvenzionarsi, alla costante ricerca di
personale per ottenere le informazioni desiderate.
La storia delle collaborazioniste esaminate dall’a. risente di questo contesto, ma
è indubbio che alcune – fasciste convinte – scelsero il campo in cui operare. L’a. con
chiarezza mette in discussione l’autorappresentazione dei «repubblichini» che hanno teso
nel dopoguerra, come ha rilevato per primo Francesco Germinario, a dichiarare la loro
«impoliticità» in quanto il loro impegno sarebbe stato per «la Patria e per l’onore», non
già per il fascismo. Per le donne il mito dell’impoliticità è stato ancor più facile da affermare,
in virtù dello stereotipo che vuole le donne incapaci di autonomia decisionale, a
rimorchio costante di un uomo. Le carte dell’Oss sono inequivocabili su questo punto.
Meno soggetti al cliché della minorità delle donne e dell’assoluta dipendenza femminile
da un uomo, gli americani colgono le motivazioni diverse che sono alla base della scelta
delle «spie» della Rsi. Mussolinismo, convinzione che il fascismo sia l’«unica» soluzione
politica, talvolta anche desiderio di avventura e, perché no?, di disporre di molto denaro
consentono

Dianella Gagliani