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orbonia felix. Il Regno Delle Due Sicilie alla vigilia del crollo

Renata De Lorenzo
Roma, Salerno, 230 pp., € 13,00

Anno di pubblicazione: 2013

Renata De Lorenzo dedica il suo libro all’ultima stagione del Regno meridionale. Si
tratta di un contributo che, prendendo posizione sulla critica antirisorgimentale molto
presente nel discorso pubblico italiano, ribadisce la necessità di contrastare questi giudizi
riattualizzando in termini solidi e consapevoli la riflessione sul Mezzogiorno e l’unificazione.
L’attuale critica antirisorgimentale si tinge di novità interpretative e riflessioni che
sono da oltre un secolo patrimonio della storia intellettuale italiana. L’a. vuole rispondere
attraverso una sintetica analisi della crisi finale dello Stato meridionale, concentrandosi
sul suo ultimo decennio di vita, gli anni tra il 1849 e il 1861. Si tratta della stagione che
definisce un regno in bilico: il successo della nuova Restaurazione non corrispose ad una
legittimazione piena dello Stato, a livello internazionale e nazionale. Il regime borbonico
non era, infatti, capace di integrare forze importanti nel suo progetto di riorganizzazione
dello Stato, mentre alcuni dei gruppi e dei settori più prestigiosi ed influenti si collocavano
stabilmente all’opposizione.
De Lorenzo esamina questo fenomeno parlando degli spazi fisici, pubblici e privati
(ad esempio i salotti) che sviluppavano discorsi, esperienze, forme di sociabilità che fotografavano
la separazione tra monarchia e gruppi dirigenti. Uno scenario confermato
dal consolidamento delle appartenenze: è il caso di alcune storie familiari (i Calà Ulloa
e i Poerio-Imbriani) i cui percorsi di vita evidenziano gerarchie di valori e scelte individuali
opposte nel momento della crisi dello Stato. La frantumazione della legittimazione
riguardava anche altri aspetti. Il livello internazionale era determinato dalle principali
potenze europee, che difendevano i principi liberali respinti dalla monarchia di Napoli
e individuarono in Ferdinando II la negazione dei propri obiettivi politici e strategici.
Non meno importanti furono le fratture territoriali; il caso della Sicilia è ben conosciuto
e studiato. Si trattava di linee di divisione che non erano compensate dalla vicinanza alla
Chiesa romana, attenta a non perdere l’alleanza con la monarchia borbonica. Lo scontro
tra il regime e la costellazione liberale diventò sempre più ideologico, sacralizzando le
posizioni tanto del sovrano e dei suoi sostenitori (che rivendicavano la compattezza di
una rinnovata comunità nazionale) quanto della minoranza oppositrice (che impostò una
struttura fortemente accusatoria del dibattito pubblico).
In sostanza, la tesi del volume è che durante tutto il decennio si susseguirono opzioni
che non riuscirono a stabilizzare il regno, ma neppure a mettere in campo un’alternativa
credibile. L’a. svolge un’efficace sintesi delle tappe che determinarono la fine del regno,
osservando le diverse angolazioni dei protagonisti, cercando di comprendere sia la loro
percezione della crisi (ad esempio quella dei difensori della cittadella di Messina) sia, decenni
dopo, la formazione di una particolare nostalgia di un mondo perduto e condiviso,
per qualche aspetto, da vincitori e vinti.

Carmine Pinto