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Deportati italiani nel Lager di Majdanek

Antonella Filippi, Lino Ferracin
Torino, Zamorani, 297 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2013

Sono 227 le biografie dei transitati per Majdanek ricostruite dagli aa., di cui la gran
parte costituita da italiani, mentre poche schede riguardano gli «italiani (naturalizzati
francesi) deportati dalla Francia» (p. 135). Il volume si articola in cinque capitoli: il primo
è introduttivo e spiega le premesse del lavoro, il secondo è focalizzato sul campo, il
terzo sulla struttura metodologica delle schede, il quarto sui trasporti verso Majdanek e
il quinto sul profilo di singoli uomini. Tra il quarto e il quinto capitolo si collocano le
schede biografiche dei deportati.
Il valore aggiunto del lavoro sta nell’analisi di una fonte in precedenza inesplorata,
e cioè le carte del Museo della deportazione di Majdanek. Queste hanno condotto alla
scoperta del passaggio a Neuengamme, il 24 settembre 1943, di 46 detenuti, giunti con
un trasporto partito da Trieste – riportato a suo tempo da Susanne Wald nel III volume
de Il libro dei deportati (p. 426) – forte di 330-350 persone, tra cui 105 italiani (pp. 152
e 154). Ciò ha permesso da un lato di arricchire il numero delle schede biografiche degli
italiani finiti nel mondo concentrazionario nazista e, dall’altro, di approfondire verticalmente
le vicende relative a Majdanek, un campo che, sia pur secondario rispetto all’Italia,
presenta caratteristiche peculiari. I deportati italiani transitati per Majdanek erano in larga
parte soldati catturati prima dell’8 settembre per infrazioni al codice militare. Lo scavo
nelle carte dei musei della deportazione visitati dagli a., lo spoglio dei fogli matricolari e
l’utilizzo di documentazione conservata presso le anagrafi comunali dei luoghi di nascita e
di residenza dei deportati analizzati – operazione resa possibile dal numero relativamente
basso di deportati presi in considerazione – rendono il lavoro puntuale e degno di nota.
A fronte degli indubbi avanzamenti che il volume apporta alla ricerca sui Lager
sorprende però – e almeno un po’ delude – che tanto lavoro non risulti sempre accompagnato
da un modo di procedere professionale da parte di Filippi e Ferracin. Sembra in
primo luogo che per onorare la testimonianza e il testimone si debba (talora) sacrificare
la ricostruzione veridica dei fatti. E sembra poi che questo studio non abbia alle spalle
alcunché, cosa che ovviamente non è vera; ed è dunque un po’ ingenuo, come qui si legge
sovente, pensare di essere sempre i primi. A p. 248, per esempio, si scrive di una notizia errata
presente ne Il libro dei deportati, dove si riporta che Giovanni Usai sarebbe forse nato
a Donorì, in provincia di Cagliari. E proseguendo: «nelle liste Tibaldi c’era solo l’indicazione
che era originario della provincia di Sassari (informazione che si sarebbe in seguito
rivelata esatta)». Qualche rigo dopo si aggiunge, invece, che Usai sarebbe nato a Danai,
in Francia. È evidente il corto circuito nel quale incappano gli aa.: Tibaldi, importante
testimone e autore di una monumentale ricostruzione di schede biografiche di italiani
deportati nei Lager nazisti, aveva chiaramente torto indicando Sassari quale provincia di
nascita di Usai, ma occorreva dargli ragione contro ogni evidenza.

Giovanna D’Amico