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Il caso Duepiù. Il giornale che rivoluzionò le relazioni e i sentimenti in Italia

Natalina Lodato
Formigine, Infinito Edizioni, 152 pp., € 12,00

Anno di pubblicazione: 2013

Nelle analisi e nelle interpretazioni della complessa stagione dei movimenti, è mancata
finora un’attenzione specifica sugli strumenti di comunicazione e informazione che
non fossero solo espressione dell’universo movimentista. Colma la lacuna questo studio
su «Duepiù», il mensile della Mondadori, che in 16 anni – dal ’68 all’84 – si rivolge
prima alle coppie coniugate, poi a un pubblico più largo di giovani, occupando un ruolo
non marginale nel cercare di capire e raccontare il costume nazionale. Il caso è particolarmente
interessante perché siamo in presenza di un periodico slegato dai movimenti, ma
costretto a fare i conti con l’influenza che i venti ribellistici esercitavano sulla mentalità
e sui comportamenti della baby boom generation. Il merito dell’a., che ha rielaborato la
propria tesi di laurea (pur con qualche eccesso didascalico di troppo), sta nel cogliere
l’originalità di un mezzo che cerca di misurarsi con le innovazioni introdotte da una parte
dal ’68, dall’altra dal femminismo. Ma più che la costruzione di un’autonoma «pedagogia
dei sentimenti», «Duepiù» sembra rispecchiare la tendenza a rappresentare una società in
trasformazione, a partire dai rapporti di coppia e dalla concezione della sessualità. Al di
là delle pur importanti posizioni sul divorzio e sull’aborto, le novità più rilevanti riguardano
il passaggio «dalla famiglia alla coppia» (p. 55), con servizi dedicati all’educazione
sessuale, alla contraccezione, ai molteplici risvolti dell’amore fisico. Il valore degli inserti
chiusi, con le schede dal tono scientifico sulle quali la censura non disdegnava il proprio
intervento (tema da approfondire), va oltre il compito divulgativo, segnalando l’urgenza
di far uscire il privato sulla scena pubblica. Non si tratta di temi da affrontare con i toni
melensi della posta del cuore, ma di fornire indicazioni a partire dalle esigenze scaturite
da una realtà mutata, in riferimento soprattutto all’esposizione dei sentimenti. Di qui il
ruolo di giornale «mediatore» (p. 61), in grado di aprire un possibile dialogo fra le generazioni
che il ’68 aveva diviso: una finalità che non sempre si concretizza, ma che già nelle
intenzioni rivela la portata innovativa, in campo sia editoriale sia culturale. L’altro aspetto
che anticipa una visione moderna della coppia concerne la figura paterna, investita della
responsabilità nell’educazione dei figli e nel tempo da dedicare alla famiglia, con il bisogno
di «interscambiabilità delle mansioni fra padre e madre» (p. 79), fino a prefigurare
un nuovo ruolo maschile, che induce l’a. a riconoscere a «Duepiù» il merito di comprendere
«quanto fosse necessario il coinvolgimento e la volontà degli uomini stessi nella
costruzione di un altro ordine di genere» (p. 150). Nonostante il successo delle 500mila
copie vendute, il mensile cambia registro e cede all’edonismo degli anni ’80 che impone
sempre più spazio alla moda e alla bellezza come nuovi agenti della società spettacolo. La
trasformazione in «Donnapiù», con la progressiva dismissione degli accenni progressisti
del primo periodo, fotografa fedelmente il tramonto della temperie rivoluzionaria a favore
di un intimismo individuale omologato.

Anna Tonelli