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La croce e il filo spinato. Tra prigionieri e internati civili nella Grande Guerra 1914-1918. La missione umanitaria dei delegati religiosi

Alberto Monticone
Soveria Mannelli, Rubbettino, 361 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2013

In questo libro Monticone, uno dei migliori studiosi italiani della Grande guerra, affronta
una tematica che solo negli ultimi anni è diventata argomento di studi importanti e
sistematici. Si tratta dell’emergenza umanitaria creatasi in seguito alla detenzione di massa
di militari e civili negli anni 1914-1918. Sulla dimensione del fenomeno esistono dati
incompleti. Il totale dei prigionieri si aggirerebbe attorno agli otto milioni: 2.400.000 in
Germania, 2.900.000 in Russia, 720.000 in Francia, 700.000 in Gran Bretagna, 600.000
italiani in Austria-Ungheria. Per l’Italia risulterebbero 470.000 prigionieri, ma ben
300.000 sarebbero stati catturati solo negli ultimi giorni di guerra. È certo comunque che
la stessa enorme dimensione del problema mise subito in luce che i paesi belligeranti non
erano preparati a fare i conti con un’emergenza che divenne sempre più grave. Da qui la
nascita di un vero e proprio universo concentrazionario che «andrà crescendo a dismisura
e che rimarrà come stigma del lato oscuro della storia del nostro tempo» (p. 8). La Santa
Sede affrontò subito il problema dell’assistenza di questa massa sofferente. Dapprima si
fece ricorso ai cappellani militari, ma la loro azione risultò del tutto inadeguata, sia per
questioni di numeri sia perché essi non erano in grado di agire efficacemente in presenza
di grandi masse di prigionieri di fedi, lingue e culture così diverse. Vi era bisogno di un
intermediario autorevole, e questa funzione fu assunta dalla neutrale Svizzera. La Confederazione
elvetica si trovava in una situazione privilegiata, dato che ospitava le rappresentanze
diplomatiche dei paesi belligeranti, era sede della Croce Rossa Internazionale e
in essa convivevano le due principali confessioni cristiane. Fu dunque proprio in Svizzera
che si sviluppò tra il 1915 e il 1919 l’originale progetto della creazione di un gruppo di
visitatori ecclesiastici, cattolici ed evangelici, che ebbero il compito di visitare i luoghi di
prigionia e proporre soluzioni concrete per l’assistenza ai reclusi. Tra costoro una figura
di estremo rilievo fu quella del benedettino Sigmund de Courten, un vero e proprio eroe
dell’assistenza umanitaria. Monticone si basa su fonti di prima mano sinora inesplorate e
fornisce una ricostruzione solida e partecipata della questione, mettendo anche l’accento
sulla particolare sensibilità di Benedetto XV. Infatti il pontefice, sin dall’ottobre 1914,
dichiarò che la carità andava estesa anche ai non cattolici e più avanti chiarì che la cura
delle anime andava intesa nel senso di un apostolato «totale» rivolto a tutte le dimensioni
dell’universo concentrazionario. Un messaggio di speranza in un mondo diviso da feroci
nazionalismi.

Luigi Bruti Liberati