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All’alba del Neoatlantismo. La politica egiziana dell’Italia (1951-1956)

Federica Onelli
Milano, FrancoAngeli, 140 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2013

Federica Onelli, già a. di alcuni saggi sulle relazioni diplomatiche tra Il Cairo e
Roma durante gli anni ’50, affronta un tema poco studiato: i rapporti tra Egitto e Italia
dal 1951 al 1956 inserendone forma e significato nel più ampio quadro della strategia
nazionale in Medio Oriente e nel Mediterraneo. È proprio considerando questa cornice
che l’a. invita a guardare la politica estera del periodo analizzato, e in particolare l’azione
diplomatica in Egitto, in modo nuovo. Il punto di osservazione è cioè ribaltato e così la
strategia internazionale italiana dei primi anni ’50 non è più solo la stagione della debolezza
e della dipendenza dagli alleati occidentali – riscattata dalla più matura azione del
successivo Neoatlantismo – ma è piuttosto il momento preparatorio e anticipatorio della
gloriosa stagione di cui furono protagonisti Enrico Mattei, Amintore Fanfani, Giovanni
Gronchi e Giorgio La Pira.
L’impostazione è, dunque, certamente interessante, ma non riceve il sostegno necessario
e ciò sia a causa di una trattazione che non ne approfondisce i significati, sia per
colpa di un mancato confronto con le analoghe azioni svolte parallelamente (ad esempio
nell’Iran di Mossadeq) dalla diplomazia italiana, desiderosa di sfruttare ogni occasione per
inserirsi nei vuoti del decadente potere europeo in Medio Oriente e nel Mediterraneo.
Le relazioni diplomatiche tra i due paesi sono raccontate con puntualità e chiarezza.
Punto di forza del volume è sicuramente una narrazione precisa e lineare. Di particolare
importanza sono indubbiamente i paragrafi dedicati alla questione della fornitura di armi
all’Egitto da parte dell’Italia, ma anche il capitolo 4, che offre una precisa ricostruzione
del ruolo e della posizione italiana durante la crisi di Suez. Questa viene, infatti, giudicata
dall’a. come un’opportunità concreta per approfondire il rapporto instaurato tra Roma e
Il Cairo e per offrire l’immagine di un’Italia «ponte» fra Occidente e mondo arabo.
Animata da un certo ottimismo interpretativo l’a. – che ha lavorato sulla documentazione,
peraltro non inedita, dell’Archivio del Ministero degli Affari esteri – sceglie,
però, di non analizzare i fatti nel loro più ampio contesto internazionale. In questo modo,
finisce per sottovalutare – a volte perdonando all’Italia tale comportamento – un certo
appiattimento ai voleri inglesi; un atteggiamento, questo, tanto marcato in quegli anni da
condizionare fortemente la strategia internazionale italiana. Il tema dell’indebolimento
britannico in Medio Oriente e del conseguente inasprimento del confronto bilaterale con
quegli Stati che, come l’Italia, si mostravano pronti a giocare un ruolo più attivo è invece
centrale per capire l’azione nostrana, per valutare cioè il peso di una strategia frenata dai
vincoli atlantici ma anche animata da un forte spirito di indipendenza. Si auspica, per
questo, che i temi trattati dall’a. siano ulteriormente approfonditi con l’utilizzo della
documentazione anglosassone

Ilaria Tremolada