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ThyssenKruppen. I tedeschi alle acciaierie di Terni

Walter Patalocco
Terni, Morphema Editrice, 285 pp., € 10,00

Anno di pubblicazione: 2013

L’a., già a lungo responsabile della redazione de «Il Messaggero» di Terni, fornisce
una cronaca puntuale degli eventi riguardanti la società Acciai Speciali Terni, già dell’Ilva,
privatizzata nel 1994 e passata nelle mani prima di una cordata formata dalla Krupp e da
alcuni gruppi siderurgici italiani (Riva, Falck e Agarini) e, dopo poco, rilevata quasi totalmente
dai tedeschi, passata infine, dal 2000, alla ThyssenKrupp, con la denominazione
Ast-Tk. La cronaca-storia di Patalocco comincia proprio nel 1993, con la decisione di
privatizzare la siderurgia di Stato, scorporando l’Ilva in società distinte da liquidare fra cui
Ast e Ilp (Ilva Laminati Piani). Nel 1994, sotto la regia di Prodi, presidente dell’Iri e del
suo Dg Enrico Micheli, avvenne la privatizzazione dell’Ast, la prima ad andare in porto.
La nuova proprietà ebbe modo di guadagnare lautamente, non tanto perché il prezzo pagato
all’Iri fosse basso, quanto perché la congiuntura siderurgica favorevole portò l’azienda
a un ottimo livello di profitti. La Ast si specializza in prodotti laminati piani in acciai
speciali, in primo luogo inossidabile. Comprende una serie di società partecipate, con
linee produttive distinte, dai grandi fucinati, ai tubi e ad altri prodotti finiti, importanti
per alta qualità di produzioni, fatturato e livelli di occupazione.
La vicenda societaria si complicò a partire dal 2003: da una parte i tedeschi garantirono
un buon livello di investimenti, dall’altra procedettero, nonostante le resistenze
opposte dalle forze sindacali e dalle istituzioni cittadine e regionali, a scorporare dall’Ast
il settore magnetico, che, si diceva, fosse in perdita. La vicenda si snodò tra alti e bassi
fra il 2003 e il 2005. La proprietà ottenne ciò che voleva, ma si impegnò, in cambio, a
rafforzare ancora il settore inossidabile, con nuovi importanti investimenti condotti a
termine entro il 2008. Il magnetico era una produzione «strategica» per il sistema-Italia e
la sua chiusura fu, quindi, una perdita grave. Nel dicembre 2007 vi fu un grave incidente
nello stabilimento satellite di Torino, in cui morirono sette operai e che portò a severe
condanne dei dirigenti societari. Nel 2009 altro colpo di scena: la Tk si era impegnata
in un massiccio programma di investimenti siderurgici sul mercato americano (Brasile,
Messico, Alabama), ma sopravvenne la crisi e i bilanci della multinazionale entrarono in
sofferenza. Si decise di smobilitare tutto il settore dell’inossidabile fra cui la Terni, venduta
nel 2011 alla finlandese Outukumpu. L’operazione però venne giudicata costitutiva
di una posizione dominante e bocciata dalla Commissione europea. Il resto è cronaca di
questi giorni.
L’a. espone bene le vicende, privilegiando il punto di vista ternano, ma non tralasciando
il quadro più ampio. Le fonti a cui attinge sono soprattutto quelle della stampa,
locale e nazionale, con l’aggiunta dei bilanci. Non vi è ambizione di ricavare interpretazioni
storiche generali, ma i giudizi sulle vicende narrate sono equilibrati.

Ruggero Ranieri