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Caporetto sul Mrzli. La vera storia delle brigate perdute

Guido Alliney
Udine, Gaspari Editore, 192 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2013

È sempre difficile raccontare una sconfitta, senza commiserazioni o compiacimento. Ne dà una bella prova Guido Alliney, che ci ha abituato al sapore della genuina narrazione storica. L’a., al terzo volume sulle vicende belliche del monte Mrzli, tuttavia non intende spiegare la battaglia in senso classico. In questo suo ultimo lavoro ha l’obiettivo invece di rappresentare dal basso l’evoluzione delle sincopate ore seguenti l’attacco austro-tedesco del 27 ottobre 1917. La mole di materiale rintracciato è enorme, potendo avvalersi degli interrogatori di quanti da parte italiana vissero quella battaglia e che, per il drammatico epilogo della stessa, furono internati dagli eserciti degli Imperi centrali. I protagonisti per forza di cose sono degli sconfitti, ma non per questo sono dei perdenti. Sono degli sconfitti perché i comandi superiori li hanno resi vulnerabili, impreparati, spesso addossando su di loro responsabilità operative spropositate.
In una catastrofe annunciata non viene mai dimenticato il fatto che il Mrzli per tutta la durata della guerra era stato un solido baluardo nemico e i fanti italiani avevano sempre fallito nel tentativo non solo di raggiungerne la vetta, ma anche di poter avere delle seppur intermedie difendibili posizioni. Per i reparti italiani il monte era assolutamente sfavorevole non solo in chiave offensiva, ma anche in quella difensiva, vista la sua natura impervia.
I vertici del Regio esercito commisero tanti e gravi errori. In sostanza si mancò di qualsiasi moderno espediente tattico, di cui invece l’avversario sembrava assolutamente padrone. Senza una dottrina chiara e condivisa, il concetto di protezione elastica si ergeva a evanescente e puro miraggio. Per questo motivo appare ancora più ingiustificato il quasi secolare oblio per le azioni eroiche delle brigate Alessandria e Caltanissetta, che sul Mzrli vennero sacrificate. Si parlò all’epoca di «sparizione» delle due brigate, ma il significato autentico di tale espressione era ben diverso da quello che si volle credere, come diserzione o abbandono delle posizioni.
In questo struggente affresco svettano quindi le profonde personalità dei militari considerati, nei loro lucidi racconti. La battaglia era potenzialmente già persa, ma venne combattuta ugualmente, anche quando i piccoli reparti vennero accerchiati o isolati. Confrontando tra di loro le testimonianze e attraverso un accurato studio sul campo, operato dall’a., egli ha ricreato una viva cronaca corale, in cui non si cercano vittime e carnefici, ma piuttosto la progressione più autentica di un coraggioso annientamento. Smussando quindi singole imprecisioni, ricordi distorti, verità di comodo ne esce un’articolata espressione di microstorie di cui la storiografia militare nazionale non abbonda e di cui si avrebbe sempre più bisogno. Completano il volume: dettagliate cartine, un suggestivo corredo di fotografie d’epoca e dei luoghi di battaglia realizzate dall’a., oltre a una preziosa prefazione di Filippo Cappellano.

Giovanni Cecini