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«Tempi difficili e tristi». «Ritrovo» 1949-1961. L’impegno de «Il Ponte» per la modernizzazione dell’Italia

Paolo Arfini
prefazioni di Daniela Adorni e Giovanni De Luna, Roma, Aracne, 316 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il corposo volume, con due prefazioni che ne illuminano aspetti diversi, si inserisce in un filone di riflessioni che, oltrepassando la vicenda de «Il Ponte», ha per oggetto una precisa area politico-culturale, diversificata al suo interno, riconducibile all’esperienza del Pd’A e, in particolare, ai suoi due principali nuclei (torinese e fiorentino) che, pure dopo lo scioglimento e indipendentemente dalle scelte operate rispetto alla politica attiva, furono centrali per mantenere vive le istanze di cambiamento di una formazione politica sì sconfitta dai partiti di massa, capaci di conquistare in breve tempo un’ampia base sociale, ma comunque fondamentale nella costruzione della Repubblica. L’a. analizza il tentativo degli ex azionisti di rinnovare il paese attraverso una netta cesura col fascismo, non solo di natura politico-istituzionale e socio-economica ma, esauritisi in fretta il «vento del Nord» e la rivoluzione democratica, anche (e soprattutto) di tipo culturale. L’idea di fondo era quella di portare i cittadini a partecipare attivamente alla vita politica «mediante una profonda azione pedagogica, che partendo dalla pratica quotidiana favorisse la crescita e la diffusione di sentimenti democratici» (p. 31) in presenza di un grave rischio: l’affermazione di una nuova forma di fascismo, favorita dalla centralità della Dc nel quadro politico, dal fallimento dell’epurazione e dal conformismo dilagante, visibile nella società, dalla censura e da un perbenismo ipocrita nemico di una nuova coscienza laica, delle libertà (formali e sostanziali) e, di conseguenza, dell’ampliamento dei diritti civili, politici e sociali coerente con l’attuazione della Costituzione. Il libro, interessante anche se quasi del tutto privo di quelle fonti primarie che avrebbero consentito un maggior approfondimento dei rapporti tra i «pontieri» (non solo Calamandrei ed Enriques Agnoletti), si articola in cinque capitoli, a cui si aggiungono l’introduzione, le conclusioni e la bibliografia, che tradisce qualche significativa lacuna storiografica. L’a. si sofferma soprattutto sulle note di costume, sulle notizie di cronaca e sugli episodi di vita vissuta (fondamentale la rubrica Il Ritrovo) che, più delle riflessioni prettamente politico-istituzionali, sembravano restituire al lettore il paese reale e, quindi, la grande distanza tra la progettata democrazia partecipata e un’Italia bigotta e conservatrice, tutt’altro che moderna rispetto a quella rappresentata dal regime e, per molti aspetti, dal suo più influente alleato proprio sul piano culturale: il Vaticano. Le ingerenze della Chiesa cattolica nella vita pubblica, con riferimento alla fase più cupa della guerra fredda, sono uno dei nuclei della riflessione dell’a. che, pur evidenziandone le diverse motivazioni, sottolinea come alcuni «pontieri», curiosamente, «operassero una condanna dei nuovi movimenti giovanili parallela a quella svolta dai cattolici» (p. 207), figlia di una distanza tra l’antifascismo storico e le giovani generazioni, emerse sullo scenario pubblico all’inizio degli anni ’60.

Andrea Ricciardi