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Italiani in Ghana. Storia e antropologia di una migrazione (1900-1946)

Alessandra Brivio
Roma, Viella, 160 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2013

Questo breve e tuttavia denso libro dà conto di un flusso migratorio – dall’Italia alla Gold Coast, l’attuale Ghana, tra l’inizio del ’900 e la seconda guerra mondiale – che interessò solo qualche centinaio di persone, ma ebbe effetti profondi sul paese africano e sui villaggi italiani di cui i migranti erano originari. Le fonti del libro sono molte ed eterogenee: gli archivi coloniali, scritti di genere narrativo-etnografico e autobiografico prodotti da alcuni protagonisti della migrazione, materiali custoditi presso alcuni musei locali e interviste realizzate con donne figlie di italiani e di madri ghanesi. La prima parte del libro (La comunità italiana in Gold Coast: vita e lavoro) traccia il profilo di un’emigrazione quasi esclusivamente maschile da contesti alpini piemontesi (principalmente Roasio) e lombardi (Val Seriana), per occupazioni nel settore minerario ed edile. Animati da un desiderio di affermazione economica e personale, convinti di portare civiltà e progresso ai «neri» d’Africa, intrisi di spirito razzista e paternalista, ammalati di nostalgia e spesso vittime di virus tropicali e di incidenti sul lavoro, questi bianchi d’Africa vissero fortune alterne finché furono deportati in Giamaica durante il secondo conflitto mondiale. Gli archivi e le retoriche da essi stessi prodotte li dipingono perlopiù come individui isolati, impegnati nel difficile (e a volte riuscito) tentativo di uscire da una situazione di povertà e privazioni.
Il secondo capitolo del libro (Sessualità e distinzione razziale nella colonia) pone tuttavia in discussione la retorica del migrante isolato. Il controllo della sessualità fu una delle strategie più importanti del dominio coloniale ed è alla base della costruzione delle frontiere tra le «razze». A fronte di una migrazione quasi esclusivamente maschile, le autorità inglesi tentarono di mantenere i rapporti tra bianchi e donne africane nel contesto della prostituzione o comunque di un concubinaggio regolato (e, in ogni caso, risolvibile) da accordi economici. Il problema principale era costituito dalla nascita di figli meticci che venivano affidati a strutture religiose o accolti dalle famiglie africane, soprattutto nel caso di società matrilineari come gli Ashanti. Alessandra Brivio analizza con la doppia lente della storica e dell’antropologa il tema dei rapporti di genere, le rappresentazioni delle donne africane e bianche, individuando nella sessualità una delle chiavi di indagine più promettenti per una rivisitazione degli studi sulle emigrazioni italiane in Africa.
La terza parte del libro (La memoria e il ricordo) indaga il modo in cui attraverso piccoli musei locali – il Museo dell’emigrante di Roasio, la Biblioteca comunale di Fino del Monte – e testimonianze dei discendenti vada costituendosi una memoria della migrazione che rimane tuttavia ancorata a una dimensione famigliare, faticando a divenire un terreno condiviso.
Il libro è un contributo prezioso allo studio dell’emigrazione italiana e dei suoi effetti nei contesti di approdo ed è apprezzabile sia per le fonti che porta alla luce sia per l’impostazione teorica.

Adriano Favole