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Il tradimento. Gramsci, Togliatti e la verità negata

Mauro Canali
Venezia, Marsilio, 255 pp., € 19,50

Anno di pubblicazione: 2013

Da diversi anni, grazie all’acquisizione di nuovi documenti e a una lettura più accorta di quelli noti, le ricerche sulla vita di Gramsci dopo l’arresto hanno messo in luce che tra Gramsci e i dirigenti del Pci non si determinò nel corso del tempo semplicemente un’ordinaria, per quanto ampia, diversità di analisi politiche, come si riteneva precedentemente, bensì una tensione acutissima, a volte sottotraccia, a volte manifesta, da cui si originò una fortissima contrapposizione, sul piano umano e non solo politico. In particolare, maturò in Gramsci un sentimento di avversione verso Togliatti, intriso di sospetti sulle intenzioni che potevano aver spinto il suo «ex amico» a compiere atti che egli giudicava pregiudizievoli per la propria sorte, tali da nuocere alla possibilità di una liberazione anticipata. È anche assodato che la «famigerata» lettera di Grieco, spedita a Gramsci quando era ancora in attesa di giudizio e che a Gramsci parve «un atto scellerato», non fu un episodio tra gli altri della vita carceraria del prigioniero, bensì l’Episodio, che condizionò lo stato psicologico di Gramsci e determinò il corso delle sue relazioni con il partito e con Togliatti.
Il libro torna su questi temi, basandosi per almeno i nove decimi su una documentazione già reperita da altri studiosi, vagliata e interpretata in numerosi scritti (il decimo restante e nuovo aggiunge pennellate, non sovverte il quadro). Non depone perciò a favore dell’editore il fatto che il risvolto di copertina affermi che questo libro «scopre le carte», come se si fosse dovuto attendere l’esordio di Canali negli studi gramsciani per dare rilievo all’intensità drammatica del rapporto tra Gramsci e Togliatti dal 1926 in poi. La responsabilità di questo infortunio dell’editore è però dell’a., che sin dal sottotitolo del volume pretende di aver fatto luce su una «verità negata», come se lo stato attuale degli studi fosse ancora fermo alla raffigurazione mitica della complementarità tra Gramsci e Togliatti sulla quale si è fondata per decenni l’identità ideale del Pci, ma di cui si è da tempo messo in chiaro il carattere di sapiente e storicamente determinata costruzione politica. L’a. è probabilmente convinto che la parvenza sovvertitrice del suo lavoro stia nell’aver rubricato le complesse relazioni tra Togliatti e il prigioniero Gramsci sotto l’insegna del «tradimento»: cioè del deliberato abbandono di Gramsci da parte del nuovo leader del Partito comunista, a cui corrisponderebbe la determinazione di Gramsci, già sul finire degli anni ’20, di non avere più contatti con il Partito. Lo svolgimento di questa tesi è accompagnato da un’insistita polemica verso la storiografia che l’a. ama definire «militante». Ma che dire di una storiografia, come quella di Canali, che semplicemente si sbarazza, non facendone parola, di tutti i documenti contrastanti con la tesi per cui milita? Con l’esito paradossale di restituire una patente di verità all’inquisizione staliniana, che aprì un’inchiesta sulle responsabilità di Togliatti verso la detenzione di Gramsci

Leonardo Rapone