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Rommels italienische Flieger. Die Regia Aeronautica in Nordafrika 1940-1943

Hans Werner Neulen
Aachen, Helios Verlags- und Buchvertriebsgesellschaft, 272 pp., € 42,00

Anno di pubblicazione: 2013

Volendo superare un’anacronistica impostazione tendente a considerare secondario, se non addirittura del tutto irrilevante, il ruolo dell’aviazione italiana nella seconda guerra mondiale, lo storico tedesco Hans Werner Neulen cerca di fornire un quadro più critico e approfondito del suo impiego nello scenario bellico del Nordafrica. Da un lato, quindi, sottolinea con dovizia di particolari tutti i difetti della Regia aeronautica in Libia fra il 1940 e il 1943: le infrastrutture carenti, la tecnologia in parte datata dei velivoli, nonché la pessima preparazione e il nervosismo della contraerea italiana, con cui piloti spesso dotati di grande esperienza e abilità dovettero fare i conti. Ascrive alla morte proprio per mano del fuoco amico di Italo Balbo, consapevole di tali problemi, un’importanza primaria, dal momento che il suo successore Graziani non solo non proseguì la riorganizzazione logistica della colonia, ma non seppe minimamente cogliere l’importanza strategica dell’aviazione nella guerra moderna. Al di là dei demeriti di Graziani emerge ad ogni modo la gravissima lentezza nell’adeguarsi alla situazione bellica. Esemplare al riguardo l’assenza fino alla fine del 1940 di aerosiluranti nella flotta italiana, macchine strategicamente fondamentali nello scacchiere del Mediterraneo (i celebri Swordfisch inglesi inflissero un duro colpo alla marina italiana nella notte di Taranto del 12 novembre 1940).
D’altra parte Neulen non nasconde il contributo importante dell’aviazione italiana anche in un contesto difficile: dal supporto fornito per mesi agli assediati di Giarabub fino alla capacità di rallentare con efficacia le truppe motorizzate britanniche in avanzata nel 1941 e ancora nel 1942. Tali successi sarebbero stati però in parte ridimensionati dalla mancanza di coordinamento fra aviazione e truppe di terra, oltre che dalla problematica comunicazione con l’alleato tedesco, inficiata da diffidenze e pregiudizi ampiamente diffusi da ambo le parti. Tuttavia, nei casi in cui la cooperazione funzionò, le forze aeree italo-tedesche seppero dare buoni risultati, anche quando, a partire dalla seconda metà del ’42, la superiorità numerica e tecnica della RAF inglese, supportata in maniera crescente dalla USAAF, divenne palese.
Il volume di Neulen si chiude forse un po’ frettolosamente senza un paragrafo conclusivo o un riepilogo, che avrebbero potuto aiutare il lettore a riordinare alcuni concetti chiave sparsi in un’enorme quantità di dati e aneddoti. Ciò nonostante resta un’ottima opera di consultazione sul piano della storia militare, supportata da una corposa quantità di fonti, ricca di foto e informazioni sulle operazioni aeree e fornita di schede dettagliate sui velivoli italiani. Ad ogni modo Neulen ha il merito di aver superato la tradizionale indifferenza di buona parte della storiografia militare, tedesca quanto anglosassone, nei confronti delle forze armate italiane nella seconda guerra mondiale, non di rado influenzata in passato da pregiudizi culturali e stereotipi derivanti in alcuni casi addirittura dalla propaganda bellica sull’incompetenza militare italiana.

Pierluigi Pironti