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La costruzione delle Alpi. Il Novecento e il modernismo alpino (1917-2017)

Antonio De Rossi
Roma, Donzelli, 655 pp., € 42,00

Anno di pubblicazione: 2016

In questo volume Antonio De Rossi ripercorre un secolo di tecniche, esperienze, immaginari e discorsività relative all’ambiente alpino lungo una linea interpretativa che apre a diverse discipline e tematiche. A ricomporre la varietà dei temi trattati è il paradigma del modernismo alpino ovvero la tesi secondo cui dalla fine dell’800 alle soglie dell’ultimo millennio l’ambiente montano è stato investito da un processo di modernizzazione realizzato attraverso la traslazione della civiltà urbana nei territori alpini e di cui il turismo ha rappresentato il principale vettore di spinta alla modernità.
A dare il via al cambiamento è la promozione dell’utilizzo in alta quota di mezzi meccanici e tecnologici come l’automobile, l’aeroplano e gli sci industriali e da discesa, che mutano non solo l’articolazione materiale del paesaggio, ma stabiliscono altresì una nuova relazione tra corpo e ambiente basata sull’idea di velocità, di cui tecnica e tecnicismo costituiscono il principale device. Tale processo subisce una potente accelerazione tra anni ’20 e ’50, nel corso dei quali si assiste a una vera e propria mutazione paradigmatica del territorio alpino e della sua concettualizzazione attraverso l’applicazione traslata in montagna di tecniche moderne di architettura e ingegneria. Segnano questa stagione la costruzione delle funivie e degli impianti di risalita in genere, la realizzazione delle nuove strade di montagna, anche note come Hochalpenstrassen, adatte alla percorrenza automobilistica, la diffusione di dighe, ponti e centrali idroelettriche e l’edificazione degli chalet du skier e degli Sporthotel, che soppiantano gli ottocenteschi ed elitari Grandhotel. È questa l’epoca di consolidamento del modernismo alpino, ben rappresentato dalla supremazia tecnologica tedesca, capace di ridisegnare attraverso interventi tecnologici localizzati il sistema turistico alpino: accanto alle tradizionali mete svizzere si affermano, infatti, in questi anni Garmisch e diverse altre stazioni invernali delle Alpi centro-orientali.
Turismo sportivo e nuovi standard di consumo diventano l’atout di regioni e città di montagna costruite o ripensate ex novo, nell’ambito di un generale piano di reinvenzione e rigerarchizzazione del territorio alpino che conosce la sua epoca d’oro negli anni ’60. All’apice di questa parabola, accompagnata da uno spopolamento epocale delle montagne, ha inizio la crisi di questo modello di «uso e costruzione dello spazio» (p. 4), nel quadro di una trasformazione che investe l’intero modello di sviluppo. Dagli anni ’70 in avanti le visioni associate alla montagna si diversificano e al modello della città traslata si affianca la ricerca di un spazio alpino altro, caratterizzata da una nuova sensibilità ambientale e di rispetto per il patrimonio storico. Secondo De Rossi è l’inizio di un nuovo paradigma, quello della patrimonializzazione delle Alpi, per la costruzione di un paesaggio innanzitutto culturale e storico, in cui natura, cultura e storia si fondono per restituire una immagine rigenerata della modernità.

Fiammetta Balestracci