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25 aprile 1945

Carlo Greppi
Roma-Bari, Laterza, 244 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il lavoro si basa su un tentativo di offrire al lettore la giornata del 25 aprile sotto una chiave narrativa. Al centro del volume sono un luogo, l’Arcivescovado di Milano e tre protagonisti della Resistenza: Cadorna, Longo e Parri. Non c’è pretesa di scovare elementi ancora non conosciuti, né questa sarebbe stata impresa facile, dal momento che di quella giornata, nei suoi aspetti principali, si sa già molto; l’intenzione dell’a. sembra invece quella di presentarla a un pubblico ampio di lettori. Il fuoco viene così puntato sugli aspetti biografici, sulla compresenza di divergenze di orientamento e senso di responsabilità, rappresentate proprio da tre protagonisti che incarnavano le diverse visioni del momento e dell’Italia prossima del dopoguerra. Non si lesinano le descrizioni caratteriali, i percorsi biografici, le reti tessute e i momenti chiave. Non si mettono in secondo piano anche le polemiche interne e i momenti di significativa riappacificazione.
Il lavoro riesce nel suo intento, poiché la lettura è scorrevole ed emergono molte delle parti più rilevanti, non solo della giornata del 25 aprile, ma dei nodi difficili da sciogliere. Non mancano tuttavia eccessi letterari, in cui l’a. inizia esplicitamente la frase con «immagino» per ricostruire stati d’animo, ambienti, relazioni: parlando di Parri che si «perde» l’insurrezione di Milano per un giorno, l’a. sceglie una descrizione probabile, ma certo molto letteraria: «Lo immagino curvo sulla sua fatica a guardare ogni volto, a cercarne uno noto, un compagno, un amico… a chiedersi come sarebbe andata se ci fosse stato anche lui…» (p. 58). Così come l’immaginazione torna più avanti, al momento delle celebrazioni della Resistenza nel 1960: «Me li immagino goffi, impacciati, con la fiera e determinata asprezza che ha contraddistinto l’azione di Italo e Valenti, e il timido ma tenace incedere di Maurizio. Provo a immaginare nel momento in cui si avvicinano, oramai tutti in età matura. Italo ha sessant’anni, Maurizio e Valenti hanno superato i settanta e si stringono la mano come quel 26 agosto del 1944, quando si erano trovati tutti e tre insieme per la prima volta» (p. 200).
Insomma, in molte parti del volume si rimane sospesi tra una chiave letteraria e una storica. E la chiave letteraria si trasforma, talvolta, in accenti enfatici o molto vicini alla retorica. Il continuo ricorso ai flashback interrompe la narrazione e si può rilevare anche un certo disordine nella scelta della ricostruzione, che segue fili propri, torna in Arcivescovado, prosegue per altri scenari. La documentazione, intrecciata al racconto, è spesso sostituita a esso e, per non rinunciare alle interpretazioni storiografiche, ne appaiono improvvisamente cenni che non aiutano il lettore ad avere un chiaro quadro di eventuali differenti visioni.
Riesce invece l’intento di mettere in chiaro come quella giornata segnasse, al contempo, la fine di un capitolo della storia d’Italia e la scrittura di una nuova pagina per il paese, in cui anche tre percorsi così diversi potessero ritrovare le ragioni di una comune rivendicazione della lotta sostenuta.

Marco De Nicolò