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Sessantotto. Passato e presente dell’anno ribelle

Donatella Della Porta (a cura di)
Milano, Feltrinelli, 302 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2018

Un doppio sguardo sul Sessantotto: quale fu il suo rilievo storico? Cosa significa quell’esperienza per i movimenti collettivi del nostro tempo? Dentro la polarità disegnata da questi interrogativi si collocano i nove saggi di autorevoli studiosi internazionali e le tre interviste a esponenti di Podemos, Syriza e Momentum, che compongono il volume. Ne scaturisce anzitutto una ricostruzione aggiornata e non priva di originalità, di quel che, nei tardi anni ’60 dei principali paesi europei e americani, fu un movimento assieme generazionale, culturale e politico transnazionale e, letteralmente, epocale, in quanto mo- mento di passaggio di indubbio rilievo. A un tempo, si evidenziano le valenze specifiche che esso assunse nei diversi contesti nazionali, non solo a fronte dei regimi e delle società, liberaldemocratiche e «aperte» o invece autoritarie e conservatrici – nell’Europa centro-orientale o meridionale, o in America Latina –, in cui si trovò a operare.
La domanda su cosa fu quel movimento resta inevitabilmente aperta, proprio perché fu pluricentrico, attraversato da soggettività diverse ma convergenti, a un tempo radicale e modernizzante. D’altronde, nei saggi ricorrono con evidenza temi e considerazioni comuni. Anzitutto, è ancora oggi ubiquitaria la contesa sulla sua memoria, sequestrata sovente da protagonisti, mass media, politici e maîtres a penser, perché è ancora chiave di volta per giudicare non solo quella svolta, ma il nostro presente che ne ha preso origine. Inoltre, i saggi insistono sulla necessità di storicizzare quel passaggio non soltanto nel quadro dei processi di modernizzazione socioculturale, ma alla luce degli schieramenti politici, della solidità degli assetti istituzionali, della efficacia delle politiche di repressione e/o di integrazione con le quali le mobilitazioni dovettero confrontarsi. Perché esse furo- no, diversamente da quanto usualmente si afferma, primariamente politiche e – come ad esempio insegnano il «lungo Sessantotto» italiano o, altrimenti, gli stretti nessi tra Sessantotto e Ottantanove polacco – la loro forza, durata ed esiti dipesero da quel confronto. Infine, saggi e interviste mettono in luce il delicato rapporto tra i movimenti collettivi dei nostri tempi e l’esperienza del Sessantotto. Non solo cogliendo analogie nei caratteri glo- bali, nella vocazione politica e politematica, nelle pratiche d’azione, ma rimarcando come intrattengano con la storia e la memoria del Sessantotto un rapporto «a fisarmonica», giacché alla relativa vicinanza alimentata dal sentirsi interni a una medesima genealogia culturale e conflittuale si oppongono distanza e dunque differenze dei contesti e nelle prospettive, oggi vissute come assai meno favorevoli.
Il volume – la cui uscita ha anticipato di pochi mesi quella dell’Annale LII della Fondazione Gian Giacomo Feltrinelli, ove sono pubblicati in lingua inglese i medesimi saggi (ma non le tre interviste) e una raccolta di documenti tratti dall’archivio della stessa Fondazione – è un contributo originale, non solo dalla prospettiva dei memory studies, al cantiere sempre aperto e affollato della ricerca sui movimenti degli anni ’60.

Neri Serneri Simone