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Bruciare le tappe. Aspetti e problemi della modernizzazione fascista in Basilicata

Aa.Vv.
Introduzione di Domenico Sacco, Rionero in Vulture (Pz) Calice editore, pp. 338,

Anno di pubblicazione: 2003

La raccolta di saggi viene presentata sotto un titolo che lascia presupporre un approfondimento maggiore di quello che effettivamente emerge dalla lettura: vi sono evidenti distonie e diversità di approcci e contenuti che non danno ragione dello sforzo pure compiuto. Più in generale, specie in alcuni interventi, il linguaggio e l’impianto critico appaiono particolarmente acerbi; senza contare alcune ripetizioni (talvolta quasi letterali) che non consentono di esprimere un giudizio di piena riuscita del lavoro collettaneo. Utili, sebbene inseriti in un contesto scarsamente critico e talvolta in assenza di possibili comparazioni, appaiono i saggi su La modernizzazione difficile. Economia e condizioni di vita dei ceti popolari in Basilicata durante il fascismo di Nicola Lisanti e su Le leggi socio-sanitarie in Basilicata dal 1922 al 1943 di Luigi Luccioni nei quali si dà conto (anche se come pura elencazione) degli interventi nel campo delle opere pubbliche e in quello della sanità pubblica. Interessante, ma scarsamente produttivo sotto il profilo storiografico, è il saggio Il fascio delle carte di Lucio Tufano che appare più esercitazione letteraria che vero e proprio saggio storico. Più importante e documentato il saggio di Costantino Conte, Libro e moschetto: appunti per una storia delle strutture della pubblica lettura della Lucania nel ventennio che, attraverso le vicende della difficile gestazione e nascita della Biblioteca provinciale di Potenza e del suo mentore e organizzatore Sergio De Pilato, assurge a metafora dell’isolamento civile e politico degli intellettuali meridionali che vivono e operano in provincia e verso i quali il fascismo si pone in termini organizzatori ed è prodigo di riconoscimenti sociali e di status nella misura in cui la loro azione si compia all’interno di un quadro retorico-funzionale e coreografico congeniale al regime. Introduce a tematiche più generali il saggio di Antonio Libutti su Ciasca e la questione del Mezzogiorno durante il fascismo nel quale si prende in esame l’analisi compiuta dallo storico lucano nella voce Questione meridionale scritta per l’Enciclopedia italiana. Per Raffaele Ciasca la rottura del problema del Mezzogiorno e il suo graduale superamento avviene attraverso l’interventismo dello Stato secondo una linea già introdotta dai governi liberali del primo Novecento e che il fascismo non fa altro che portare a compimento. La differenza sta essenzialmente nella continuità e organicità dell’intervento pubblico che si realizza con il regime fascista. In tal modo la ?fine? della questione meridionale consiste in una modificazione progressiva delle condizioni di fondo della economia e della società del Mezzogiorno come requisito per introdurre quella ?riforma della politica? capace di sconfiggere il ?nittismo? inteso come rete di poteri e di relazioni che immobilizzano la vita sociale e politica meridionale. Una illusione tecnicistica che era già stata di Salvemini e che non faceva i conti con i limiti di fondo dell’interventismo fascista nell’Italia meridionale.

Luigi Ponziani