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Solidarietà e mercato nella cooperazione italiana tra Otto e Novecento – 2003

Aa.Vv.
Manduria-Bari-Roma, Lacaita, pp. 162, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2003

La giornata di studi, promossa nel gennaio 2003 dalla Fondazione Turati e dall’Associazione Prampolini, si è svolta in una particolare congiuntura politica, segnata dalla modifica della disciplina giuridica delle società cooperative e dal proposito di eliminarne le esenzioni fiscali. In realtà, la polemica sui ?previlegi? alle cooperative ne ha segnato la storia fin dall’approvazione del Codice di commercio del 1882. Anzi, il successivo e infuocato dibattito alimentò, nel primo dopoguerra, un virulento attacco contro il Cooperativismo rosso piovra dello Stato (1922) con cui Pantaleoni accompagnò l’assalto dello squadrismo fascista. Con la Repubblica, la cooperazione si affermò quale strumento di democrazia economica, soprattutto nelle terre padane dove rifiorì sotto altra egemonia (PCI). I consorzi di cooperative misurarono la possibilità di battere le industrie private per aggiudicarsi i pubblici appalti, ricorrendo alla puntualità delle consegne, alla competitività dei prezzi, alla valenza della mano d’opera, all’efficienza produttiva. Quelle, e non altre, furono le vie dello sviluppo delle cooperative che, negli anni Settanta, osarono proporsi come modello alternativo. Il processo sfociò, in era craxiana, nelle esaltanti celebrazioni per il centenario della Lega (1986), allorché maturarono riflessioni sull’opportunità di ?ammodernare? taluni principi ispiratori. Se la miniforma del 1991 ha accolto in parte tali esigenze, è pur vero che, dopo Mani Pulite, il blocco degli appalti e la discesa in campo di Berlusconi, un ciclo di storia si è definitivamente chiuso. E ancora oggi si cerca una nuova identità ?che rilanci il patto associativo e arresti la crescente dicotomia tra gestione e morale, tra finalità sociale e impresa, tra salvaguardia della continuità organizzativa e maggiori livelli di efficienza a garanzia dello sviluppo? (M. Degl’Innocenti, p. 10). È in una visione di lungo periodo, quindi, che va studiata la storia della cooperazione, secondo un’ottica che interpreti la vicenda dell’associazionismo ?niente affatto indifferente ai problemi dell’affermarsi di rapporti di potere più democratici nel nostro paese? (A. Varni, p. 61). E soprattutto evidenziando quella ?linea conciliatrice che mirava a evitare l’inasprimento dei conflitti sociali?: è il caso della Federconsorzi di Emilio Morandi (1908-27), che interpretò il tentativo di modernizzazione e di ?autonomia economica della borghesia agraria padana attraverso lo strumento cooperativo? (Z. Ciuffoletti, p. 86). Sono spunti interessanti che meritano un approfondimento. Per il confronto tra le componenti liberali progressiste e socialriformiste, va segnalato il contributo di G. Silei sull’attività della Triplice nei corpi consultivi dello Stato (ma non si fa cenno agli studi di Marucco). Poco aggiornato il contributo di S. Bianciardi sulla cooperazione edilizia in età giolittiana, se non altro per il mancato riferimento al volume di Bonfante su La legislazione cooperativistica in Italia (1984) e a un testo, di altro autore, sul più grande Consorzio cooperativo italiano di costruzioni, Da birocciai a imprenditori. Una strada lunga 80 anni. 1912-1992 (1994).

Fabio Fabbri