Cerca

Il prezzo dello sterminio. Ascesa e caduta dell’economia nazista – 2008

Adam Tooze
Milano, Garzanti, 950 pp., euro 38,00 (ed. or. London, 2006)

Anno di pubblicazione: 2008

Questo volume, di un giovane storico inglese, è stato accolto con favore dalla storiografia tedesca. Non è un risultato di poco conto. Si tratta, in effetti, della prima opera di sintesi mai scritta dei 13 anni di storia dell’economia nazionalsocialista ed è quindi un tentativo temerario. Da questo punto di vista il prodotto è assai ben riuscito. L’a. ha saputo convogliare in una narrazione scorrevole e ben strutturata i risultati di una gran quantità di pubblicazioni tedesche e inglesi, tra le più aggiornate. L’uscita di questo libro ed ancor più la sua traduzione in Italia, dove la conoscenza dell’argomento è limitata da una cronica penuria di traduzioni dal tedesco, vanno dunque salutate come eventi assai positivi.La narrazione è costruita attorno a una tesi centrale ? un’interpretazione complessiva del fenomeno nazista incentrata sui suoi aspetti economici ? e contiene inoltre numerose riconsiderazioni di singole questioni storiografiche. La tesi, in estrema sintesi, è che la storia del Terzo Reich sia leggibile come il tentativo di Hitler di realizzare un progetto alternativo alla ristrutturazione del potere mondiale in corso tra le due guerre, che vedeva l’affermazione del dominio mondiale degli Stati Uniti e del loro modello economicosociale. La Weltanschauung di Hitler andrebbe letta in primo luogo a partire dal suo antiamericanismo, su cui si imperniava anche il suo antisemitismo. Il progetto imperialista del Führer partiva, però, da una considerazione irrealistica dei mezzi a disposizione della Germania, un paese scarsamente dotato di materie prime, poco sviluppato rispetto al suo concorrente e ancora fortemente agricolo. Neanche l’impero continentale dominato dal nazionalsocialismo tra il 1940 ed il 1944 avrebbe retto il confronto col potenziale economico dello spazio anglo-americano. Di qui l’ascesa e l’inevitabile caduta. Parecchi sono i luoghi in cui Tooze mette in discussione narrazioni diffuse sul nazismo: l’importanza della politica di creazione di lavoro nei primi anni del regime, l’idea che i tedeschi non abbiamo sofferto una forte riduzione dei consumi in guerra, il miracolo di Speer negli ultimi anni del conflitto, la prevalenza dell’irrazionalità ideologica nello sterminio a Est. Non tutte sono veramente così diffuse come afferma enfaticamente l’a. e non tutte le spiegazioni alternative da lui date sono convincenti. Il libro d’altra parte si basa in minima parte su fonti nuove (ne usa però alcune ancora poco conosciute) e in grossa parte riprende studi già fatti. Ma questo non cambia il giudizio positivo su di esso. Una debolezza dell’interpretazione complessiva, invece, mi pare vada rilevata. Sebbene il libro dia conto di numerosi processi strutturali connessi alla politica economica esso rimane un’interpretazione «hitlercentrica», un’impostazione superata ormai da molti anni e non del tutto convincente in uno studio che si incentra su aspetti economici. Quanto di ciò che l’a. riconduce alle decisioni del dittatore fu invece una risposta necessaria alla crisi dell’integrazione mondiale degli anni ’30? Nuove ricerche che muovano da quest’ottima sintesi sapranno dare risposte più articolate a questa domanda.

Paolo Fonzi