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L’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e di Lettere (secoli XIX-XX), vol. I, Storia istituzionale – 2007

Adele Robbiati Bianchi (a cura di)
Milano, Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere-Scheiwiller, XVI-721 pp

Anno di pubblicazione: 2007

Vera storia istituzionale, come ben indica il sottotitolo, il volume contribuisce alla ricostruzione dei rapporti tra potere politico e cultura a Milano e in Lombardia negli ultimi due secoli. Grazie al ricco saggio di Franco Della Peruta sul periodo 1796-1860 – libro nel libro frutto di un paziente spoglio di materiale archivistico mai prima valorizzato – si apprezzano nascita e sviluppo dell’Istituto come efficaci spettri di lettura dell’organizzazione del sapere, nel passaggio dalla cultura accademica di antico regime all’attività di consulenza per il governo, nel solco del pragmatismo e del decisionismo napoleonico che caratterizza gli esordi dell’Istituto e la raggiunta visibilità politica dei «possessori di lumi» di certificata condotta. Dalle tensioni tra l’anima bolognese e quella milanese del notabilato italiano per la scelta della sede – «Non può negarsi che se l’Istituto ha un oggetto reale politico deve essere collocato presso il Governo», osservava Melzi d’Eril (pp. 59-60) – alla progettualità celebrativa fatta di medaglie e monumenti, tra adulazione e conformismo di regime, l’archivio dell’Istituto testimonia anche la valenza modernizzatrice della consulenza tecnica per il potere. I concorsi indetti e i relativi premi documentano come l’indagine scientifica risponda sempre più alle sfide della vita pratica in una società in via di industrializzazione: le «arti» e «le macchine» sono protagoniste di un’operosità lombarda che spazia tra agricoltura, manifatture, lavori pubblici, promozione culturale, istruzione pubblica, sino alla nuova sensibilità per la tutela del lavoro manuale. Sorta di brain trust governativo, scienziati e umanisti si confrontano così anche con la società materiale, pur continuando a percepirsi come una élite di «custodi del vero sapere». Dall’«intermezzo del 1848» – causa di qualche epurazione – alle avances distensive di Massimiliano d’Asburgo, l’autorevolezza del Lombardo passa indenne nell’Italia liberale, oggetto del contributo di Giorgio Rumi. «Darsi la mano la scienza e la patria» è il nuovo obiettivo di Nation building secondo Giulio Carcano (p. 511), ma le attività dell’Istituto finiscono per polverizzarsi, documentando il ripiegamento culturale e valoriale di fine secolo: «La legittimazione offerta dal Risorgimento non è più assoluta ed incontrovertibile» (p. 544). Anche il saggio di Edoardo Bressan sul periodo dalla Grande guerra ad oggi conferma le potenzialità della storia del Lombardo come cartina di tornasole delle tensioni che attraversano la società esterna, soprattutto nell’intreccio tra politica e cultura durante il fascismo, parzialmente mediato per l’Istituto dalla figura di Arrigo Solmi. Storia di traumi – l’applicazione delle leggi razziali e i bombardamenti dell’agosto ’43 – quella dell’Istituto può servire anche come storia di «rinascita», avviata negli anni ’50 e proseguita recuperando in piena autonomia culturale e nel contesto di respiro europeo la propria vocazione interdisciplinare, «da Volta a Manzoni».

Arianna Arisi Rota