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Roma capitale del nazionalismo (1908-1923) – 2001

Adriano Roccucci
Roma, Archivio Guido Izzi, pp. 577, euro 43,90

Anno di pubblicazione: 2001

Il volume ricostruisce le vicende del nazionalismo romano come forza politica organizzata in anni cruciali per le sorti dello Stato liberale, tra il 1908, l’anno della crisi bosniaca, e il 1923, quando l’Associazione nazionalista italiana si fuse con il Pnf. Per costruire uno Stato ?imperialista e gerarchizzato? (p. 458), in grado di inquadrare le masse e di tutelare lo status delle élites del possesso e della cultura, era necessario conquistare l’egemonia sulla vecchia destra liberale. Nella capitale il disegno riesce, e nel dopoguerra le diverse componenti dello schieramento costituzionale si troveranno a dover riconoscere, da una posizione subalterna, il ruolo guida dei nazionalisti.
La scelta di Roma come terreno di indagine non colloca la ricerca sul versante della storia locale: Roma è ?capitale del nazionalismo? non solo per l’incisività della presenza politica dei nazionalisti nella capitale, ma anche in virtù della contiguità tra il ?gruppo? romano e il nucleo dirigente dell’Ani, che a Roma aveva le sue sedi e che al gruppo romano, in larga parte, apparteneva. Ecco perché l’analisi della strategia perseguita nella capitale getta un fascio di luce sull’intero progetto politico nazionalista.
La ricerca di Roccucci ha dunque un respiro più ampio rispetto agli studi più recenti sul nazionalismo italiano, tesi a ricostruire la fisionomia del movimento nelle singole realtà locali (come lo studio di Luciano Pomoni sul nazionalismo veneziano); e si ispira piuttosto alle opere ?maggiori? di Francesco Perfetti e, soprattutto, di Franco Gaeta. Riuscendo però, ed è questo il migliore risultato della sovrapposizione tra piano locale e piano nazionale, ad uscire dal chiuso delle aule congressuali, dando corpo all’esperienza nazionalista, restituendole nomi e volti, e affiancando all’analisi della pubblicistica la ricostruzione, forte di un ampio utilizzo di fonti archivistiche, della concreta azione politica dei nazionalisti. Il rischio, però, è quello di smarrire, nei particolari della narrazione, le chiavi di lettura. Ad esempio quella del rapporto dei nazionalisti con la nuova politica di massa, che sfidava ?una classe dirigente restia ad abbandonare il comodo orizzonte dell’Italia liberale? (p. 8): questione davvero cruciale, tanto più meritevole di un’analisi sistematica, quanto più interessanti risultano le osservazioni sparse che l’autore dedica al tema.
Inoltre, la scelta di concentrare lo sguardo sulla capitale ha messo in ombra uno degli aspetti più caratterizzanti del fenomeno nazionalista: l’intimo e perdurante contatto con il mondo liberale. A Roma infatti il nucleo duro del movimento si affermò fin da subito e non si verificò quella problematica commistione tra nazionalismo e liberalismo ? non solo sul piano delle alleanze strategiche, ma anche sui piani più profondi della mentalità, della cultura, del personale politico ? che si rileva in altre città, dove le correnti filo-liberali sopravvissero a lungo, spesso rappresentate, all’interno dei gruppi nazionalisti locali, da esponenti di primo piano dell’associazionismo liberale.

Elena Papadia