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Agostino Bistarelli – Gli esuli del Risorgimento – 2011

Agostino Bistarelli
Bologna, il Mulino, 370 pp., Euro 30,00

Anno di pubblicazione: 2011

L’a. analizza la storia dell’esilio nell’età risorgimentale, con particolare attenzione alla generazione dei liberali piemontesi del 1821, valorizzando gli elementi culturali (come la musica o la scrittura), la storia quantitativa, la combinazione tra contesto spaziale e contesto temporale dell’espatrio politico. Con questa scelta metodologica Bistarelli rappresenta l’esilio come la cerniera tra due mondi, quello dell’arrivo e quello della partenza, e cerca di comprendere l’influenza di questa esperienza sull’identità degli stessi esuli, sui caratteri del nazionalismo unitario e sulla formazione di elementi simbolici cruciali nel discorso sulla creazione della nazione.Al centro della ricerca ci sono le rivoluzioni del ’20-21 (il mondo della partenza) e le repressioni successive che determinarono la scelta dell’esilio. Per l’a., in questa fase si delinearono alcuni caratteri di lungo periodo dell’emigrazione italiana: la prevalenza dei moderati, l’incrocio tra generazioni, il confronto con la cultura europea. Queste dinamiche marcarono il liberalismo che guidò l’unificazione, favorendone un profilo più aperto ed internazionale rispetto a quello che sarà proprio del nazionalismo di fine ‘800. L’esperienza dell’esilio nella Spagna costituzionale fu importante sia per il riferimento ideologico e morale, sia per l’ambiente in cui si ritrovarono gli italiani, in prima fila nella difesa del governo liberale come nelle divisioni tra le sue componenti. Si trattava però solo di una parte di una rete che si dispiegava in paesi europei e africani, in Asia e nelle Americhe (anche attraverso la formazione delle colonie, una originale combinazione tra esilio, appartenenza nazionale, contatto e conoscenza di nuovi mondi). Bistarelli indaga l’incontro tra mondi diversi che costrinse gli italiani a un profondo riesame delle proprie esperienze politiche e di vita. Una linea narrativa che l’a. utilizza anche per l’interpretazione della fase successiva (il mondo del ritorno), descrivendo l’impatto con la nuova società italiana e la partecipazione agli eventi del ’48, in un vecchio e alla stesso tempo rinnovato ambiente di cui si riconoscono i codici e si ritrovano legittimazione e ruoli. Particolarmente interessante è la descrizione dei primi anni unitari, del reducismo e delle celebrazioni che diventarono un tassello della costruzione della memoria e della legittimazione del nuovo Stato. La parte conclusiva esamina il periodo dell’unificazione. La generazione del 1848 rinnovò un’esperienza sovranazionale: all’interno del mondo degli esuli, si svilupparono sia la componente democratica sia quella murattiana; fu fondata la Società nazionale; e infine la gran parte del movimento unitario si raccolse intorno al Piemonte di Cavour. L’a. utilizza sempre le vicende individuali per comprendere la fase finale di questo fenomeno, ricostruendo alcune biografie esemplari che confermano come l’analisi dell’esperienza dell’esilio apporti elementi nuovi ed originali allo studio della formazione del discorso nazionalista, dei suoi codici simbolici e della trasformazione della sua direzione politica.

Carmine Pinto