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Alberto De Bernardi – Una dittatura moderna. Il fascismo come problema storico – 2001

Alberto De Bernardi
Milano, Bruno Mondadori, pp. 322, euro 14,46

Anno di pubblicazione: 2001

Passare in rassegna i principali problemi storiografici sul fascismo in presenza di una bibliografia italiana e internazionale imponente e continuamente arricchita, può sembrare un compito arduo per un singolo studioso. Merito dell’autore è di offrire uno strumento aggiornato, utile nella didattica universitaria e per gli specialisti, che affronta le questioni recentemente dibattute del fascismo come antipolitica o come regime policratico, e le discussioni più note del fascismo come bonapartismo o totalitarismo imperfetto e contraddittorio. Già evidenziata dal titolo, la chiave di lettura fondamentale è quella del rapporto tra fascismo e modernità/modernizzazione (una coppia terminologico-concettuale non interscambiabile e non identica): un rapporto ignorato o sottovalutato dalla storiografia antifascista, il cui ?storicismo? (p. 41) ha unilateralmente esaltato i tratti arcaici, convenzionali, reazionari, regressivi, retrogradi o comunque conservatori del fascismo. Ben consapevole che ?la definizione di griglie metodologiche e di chiavi ermeneutiche non assorbe le potenzialità conoscitive della ricerca? (p. 86), l’autore informa ampiamente sia sui limiti del paradigma antifascista (senza mostrare alcuna reticenza e forse con qualche ingenerosità) sia sul contributo interpretativo delle scienze sociali di matrice americana (rivisitate, all’opposto, con generosa partecipazione). La quadratura del rapporto fascismo/modernità non è certo semplice, avendo dovuto il fascismo mobilitare la politica per ?realizzare una democratizzazione della politica senza la democrazia? (p. 36): una formula impervia, in seguito articolata in quella non analoga di ?progetto [fascista] di democratizzazione populista? e in quella ancora non analoga di ?concreta esperienza storica dei fascismi europei? in cui ?rivoluzione e controrivoluzione si sono miscelate? (p. 53). E non è neanche semplice mostrare indicatori sicuri della consistenza materiale della modernizzazione fascista o del Welfare corporativo. Nondimeno il fascismo appartiene al Novecento italiano ed europeo e non è certo un’appendice della persistenza dell’antico regime: esso è il ?modo storicamente determinato assunto in Italia dalla transizione a una fase più avanzata della modernizzazione, dopo che lo sviluppo industriale aveva superato, almeno in alcune zone del paese, la sua ?onda iniziale? e stava entrando nella sua fase monopolista e fordista? (p. 69). Senza il presupposto storico dell’industrializzazione e della massificazione della società, ?che ne determinarono i tratti di modernità, il fascismo non poteva sussistere? (p. 70). Il rapporto tra crescita materiale e democrazia restò irrisolto ed anzi il lascito storico più pesante del fascismo sull’Italia repubblicana fu la concezione e la realtà del partito politico come mediatore di interessi e clientele. Il libro non pone il problema, ed anzi non ne fa alcuna menzione, ma resta impregiudicata la questione se anche lo studio del rapporto tra fascismo e atavismo possa produrre elementi interessanti e degni di nota.

Marco Palla