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Alberto e Giovanni Pirelli – Legami e conflitti. Lettere 1931-1965 – 2002

Alberto e Giovanni Pirelli
a cura di Elena Brambilla Pirelli, Milano, R. Archinto, pp. 203, euro 14,95

Anno di pubblicazione: 2002

Nel 1990, per le edizioni di Rosellina Archinto, a cura e con un’ampia Introduzione di Nicola Tranfaglia, apparve, con il titolo Un mondo che crolla, una raccolta di lettere di Giovanni Pirelli ai famigliari durante il servizio militare negli anni tra il 1938 e il 1943. Esce ora, nelle stesse edizioni, una seconda raccolta di lettere, curata dalla sorella di Giovanni, Elena. Il nucleo, nuovo, del volume è costituito dalle lettere corse tra padre e figlio a partire dalla Liberazione, gli anni, appunto, del “conflitto” tra il capo della dinastia e l’erede riluttante e infine mancato.
Nel 1938 Giovanni è di leva. Gli sarebbe consentito, quale studente e non per protezione paterna, di rinviare il servizio militare, ma rinuncia alla concessione perché vuole condividere la sorte dei giovani che non conoscono privilegi e che tuttavia obbediscono al senso del dovere. Giovanni è fascista, senza riserve, perché membro della classe dirigente, perché educato al culto dei valori tradizionali rigorosamente praticato in famiglia. Con questo spirito egli affronta il breve scontro sul fronte occidentale contro la Francia già sconfitta, la tremenda campagna di Grecia e la repressione della guerriglia nel Montenegro, la disastrosa ritirata dell’armata italiana dalla Russia. E’ un susseguirsi di esperienze che corrodono la sua coscienza, che gli suggeriscono fosche riflessioni sulla barbarie della Germania nazista. L’8 settembre 1943 si muove ancora tra le macerie del suo mondo crollato. Prigioniero dei tedeschi con i suoi alpini, ne condivide le scelte: rifiuto di continuare la guerra ed accettazione della condizione di lavoratori forzati. Riesce a evadere dal campo, si rifugia con alcuni amici in Val d’Aosta. E’ qui che egli comincia a fare i conti con se stesso, che comincia a scoprire una fede che appaghi la sua vocazione da missionario, il comunismo. Il 25 aprile lo trova commissario politico di una formazione partigiana garibaldina. La sua collocazione di militante la trova nel partito socialista le cui posizioni non si distinguono in questa fase granché da quelle comuniste, ma che è squinternato quanto basta perché egli non si senta vincolato a una disciplina tra il chiesastico e il militaresco. La sua corrispondenza col padre in questa fase è di grandissimo interesse per la eccezionalità degli interlocutori ? il capo di una delle più grandi imprese italiane e il suo volontariamente mancato erede ? e per la loro personalità, per la natura del sentimento che li lega che è di rispetto anche nei momenti nei quali profondo appare il dissenso.
Il volume è arricchito da una serie di note di raccordo, opera della curatrice, ammirevoli per sensibilità, che costituiscono la trama della saga di una grande dinastia che resta un’eccezione nella storia del capitalismo del nostro paese. Di questa saga è parte integrante Giovanni, ma a un certo punto egli ne fuoriesce per la sua incontenibile originalità: borsista all’Istituto italiano di studi storici (dove ebbi la fortuna di conoscerlo), fu conoscitore come pochi storici professionali della storia della Resistenza, giornalista e scrittore, “organizzatore di cultura” con Bosio e Panzieri, precursori di quello che di fecondo ha prodotto la contestazione sessantottesca, dispersasi in mille rivoli.

Gaetano Arfé