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Alberto Malfitano – Il deputato della “Vandea rossa”. Alessandro Fortis, il trasformismo e la Romagna repubblicana – 2000

Alberto Malfitano
Pazzini, Rimini

Anno di pubblicazione: 2000

Il libro è dedicato ad uno dei “minori” del panorama politico dell’800 italiano più discussi e più maltrattati. In passato di Fortis si erano occupati Luigi Lotti e Roberto Balzani, collocandone la figura nel più ampio contesto della tradizione democratica e repubblicana della Romagna di fine ‘800. Qui, invece, l’autore punta a ricostruire la carriera politica del futuro ministro concentrandosi sul percorso che lo portò dagli esordi nella politica locale ai successi romani.
La ricerca muove infatti dalla formazione giovanile di Fortis negli ambienti democratici della Forlì postunitaria. Particolare attenzione viene riservata ad alcuni momenti di questo apprendistato politico, utilizzando materiali provenienti da archivi: la partecipazione alle campagne risorgimentali e alla spedizione di Mentana, l’incontro con Aurelio Saffi al quale l’autore fa risalire la “conversione” repubblicana del giovane uomo politico e l’inizio della sua carriera coincidente con l’ingresso nel consiglio comunale di Forlì e l’assunzione dei primi incarichi amministrativi. L’arresto di Villa Ruffi dell’agosto 1874 a seguito del quale Fortis venne incarcerato assieme ad altri capi del movimento repubblicano emiliano-romagnolo, non rallentò la sua carriera. Come Malfitano ci racconta, dopo i primi successi a livello locale e dopo due tentativi falliti, con le elezioni del 1880 Fortis conquistò il seggio parlamentare e spiccò il volo per la grande politica. Schieratosi inizialmente tra i banchi dell’Estrema sinistra, egli mutò ben presto la sua collocazione avvicinandosi a Depretis con il quale nel 1884 siglò un patto di collaborazione. Alla fine dell’85 Fortis si staccò definitivamente dall’Estrema sinistra, avvicinandosi a Crispi che tre anni più tardi lo nominò sottosegretario all’interno.
Complessivamente la parte dedicata alla politica nazionale è la meno sviluppata e si arresta alle elezioni del ’90, quando l’ex enfant prodige dell’area repubblicana, ormai spostatosi sempre più su posizioni conservatrici, venne rieletto alla Camera con i voti determinanti dei moderati.
Più convincente risulta invece la parte riguardante l’attività politica a livello locale di cui segnaliamo due aspetti che non risultano tuttavia essere analizzati in egual modo: l’esperienza in seno al Comune – che anche questa ricerca conferma essere stato la palestra più importante per la formazione dei ceti dirigenti dell’Italia liberale – nel corso della quale il giovane Fortis, sfruttando la copertura “dell’ombrello ideologico fornito dal municipalismo di Saffi” (p. 109), dimostrò precoci capacità di gestione “politica” della spesa pubblica, sostenendo alcuni progetti e interventi del settore delle opere pubbliche che gli consentirono di rompere l’egemonia moderata e di consolidare un sistema di potere clientelare destinato negli anni a essere ulteriormente perfezionato. Purtroppo questo secondo aspetto della ricerca non viene adeguatamente sviluppato, non vengono in sostanza approfonditi, come il caso meritava, i rapporti di potere e gli scambi clientelari che legavano i protagonisti della vita politica locale.

Renato Camurri