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Alberto Mario Banti – Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo – 2011

Alberto Mario Banti
Roma-Bari, Laterza, IX-208 pp., Euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2011

Banti ragiona, nell’introduzione a questo volume, delle figure profonde di cui è composto il discorso pubblico sulla nazione, rappresentata come «parentela/famiglia», come «comunità sacrificale», come «comunità sessuata» in cui i ruoli di genere sono ben distinti e gerarchicamente ordinati. L’a. si riporta insomma sul terreno di altri suoi studi, molto fortunati, e lo ripercorre con la stessa forza argomentativa, ma con un di più di radicalismo interpretativo. Tratta infatti nel breve spazio delle duecento pagine non solo di Risorgimento (cap. I), ma anche di età liberale (cap. II), di Grande guerra (cap. III), di fascismo (cap. IV), nonché di periodi a noi vicinissimi (Epilogo): insomma di soggetti e contesti storico-politici anche molto diversi tra loro, la cui collocazione su un’unica linea di continuità implica la valorizzazione massima del fulcro del discorso (le figure profonde), che corre il rischio di lasciare sullo sfondo elementi giudicati transeunti o inessenziali. L’aguzzo registro analitico di Banti cataloga così sotto le voci bellicismo, sessismo, autoritarismo, il nazionalismo di sempre, ivi compreso quello sentimentale e laburista di De Amicis, senza far sconti nemmeno alle recenti versioni di Ciampi (o attualmente di Napolitano), bonarie e vagamente di sinistra, che gli appaiono come inconsapevoli del fantasma che vanno a evocare. Peraltro proprio questi esempi, insieme a tanti altri, indicano che il patriottismo comprende storicamente molte ed eterogenee cose, sanculotti e aristocratici, democrazie e totalitarismi, colonizzatori e colonizzati, marines e viet-cong, trattandosi di un appello a virtù civiche «calde» ma di tipo generico, non tale da pregiudicare altre e più qualificanti passioni identitarie: tant’è che persino dopo la catastrofe del super-nazionalista regime fascista lo scontro tra i volontari neo-fascisti della Repubblica sociale e quelli antifascisti della Resistenza poté giocarsi sotto l’egida delle medesime retoriche patriottiche (combattentistiche, viriliste, garibaldine), senza per questo risultarne vanificato nei suoi più profondi significati etico-politici. Il dibattito è aperto. La mia opinione è che ad esso, con questo lavoro come con i precedenti, Banti abbia fornito un contributo molto importante.

Salvatore Lupo