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Aldo Accardo, Gianni Fresu – Oltre la parentesi. Fascismo e storia d’Italia nell’interpretazione gramsciana – 2009

Aldo Accardo, Gianni Fresu
Roma, Carocci, 177 pp., Euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2009

Molti anni fa Enzo Santarelli, nell’introduzione a una silloge di scritti gramsciani sul fascismo da lui curata, osservò che l’intero corpus dell’opera di Gramsci è segnato nell’intimo dal tema e dalla presenza del fascismo. Il giudizio è richiamato nelle pagine conclusive del volume di Accardo e Fresu, che si sono proposti di ripercorrere tutto l’arco della riflessione di Gramsci sul fenomeno fascista, dai primi interventi di carattere prevalentemente giornalistico degli anni che videro la comparsa e l’affermazione del movimento mussoliniano, alle analisi politiche del Gramsci dirigente del Partito comunista, fino alla meditazione, consegnata ai Quaderni del carcere, sul significato storico della soluzione fascista della crisi italiana. In considerazione dello spazio e del rilievo che la questione del fascismo assume nell’elaborazione di Gramsci, determinandone per tanta parte l’azione politica, ai due aa. si offriva la possibilità di ragionare su nodi centrali del contributo teorico e politico di Gramsci, riguardanti la crisi dello Stato liberale, la dislocazione delle classi nella società italiana, il modo di intendere la funzione del Partito comunista in una situazione non più rivoluzionaria, l’interpretazione della storia dell’Italia unita a cui Gramsci ricollega le sue analisi del fascismo, la comparazione tra il fascismo e altre modalità di ristrutturazione dello Stato borghese, la ridefinizione delle categorie di riferimento negli anni del carcere.Chi si avvicina al volume con queste aspettative resta però deluso. Quasi metà delle pagine che compongono il libro non hanno a che vedere con Gramsci, ma sono utilizzate per ripercorrere alcune tappe del dibattito sulle interpretazioni del fascismo (da Tasca a Silone, da Gobetti a Croce, da Renzo De Felice a Mack Smith, da Aquarone a Tranfaglia, da Nolte a Gentile) o del Risorgimento (De Ruggiero, Salvatorelli), e risultano del tutto estrinseche rispetto al discorso su Gramsci, una pura e semplice divagazione rispetto a quello che avrebbe dovuto essere il filo conduttore dell’analisi. Nello spazio che resta per Gramsci, vengono richiamati e riassunti, per lo più in successione, senza uno sforzo di collegamento e di riflessione d’insieme, alcuni soltanto degli spunti di analisi di cui sono ricchissimi i suoi scritti fra il 1919 e il 1926, mentre per quanto riguarda i Quaderni del carcere si segue anche in questo caso un metodo piattamente espositivo di alcuni luoghi classici intrecciati alla riflessione sul fascismo, senza alcun apprezzabile tentativo di scavo e di interpretazione. Del tutto assente un richiamo agli studi che già si sono misurati con il tema. Dei contributi di Paggi e di Zunino relativamente al periodo precarcerario o di quelli di Franco De Felice e di Mangoni sui Quaderni i due aa. sembrano non avere contezza o comunque nel corso della loro esposizione non hanno sentito il bisogno di un confronto con la storiografia.

Leonardo Rapone