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Alessandra Chiappano, Fabio Minazzi (a cura di) – Nazifascismo e collaborazionismo in Europa – 2005

Alessandra Chiappano, Fabio Minazzi (a cura di)
Milano, Kaos Edizioni, pp. 348, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2005

Si tratta degli atti del seminario sulla Shoah organizzato a Bagnacavallo nel gennaio 2004 dall’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Ravenna in collaborazione con l’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia. Lavoro corale che, come tutti i collettanei, risente di un’omogeneità limitata, Nazifascismo e collaborazionismo in Europa è articolato in tre sezioni distinte. La prima si occupa del razzismo e del collaborazionismo in Italia, con una premessa di Fabio Minazzi sul rapporto con la cultura fascista. Segue il corpo centrale, che affronta il tema della responsabilità delle popolazioni delle nazioni soggette alla dominazione nazifascista, e si estende sino alla delicata questione della legittimità del giudizio nei confronti dei colpevoli. L’ultima parte del testo è incentrata su questioni di metodologia storiografica. La tesi di fondo è che l’antisemitismo non può essere limitato alla storia del fascismo: il fascismo e il nazismo (che nell’intervento di Kershaw è distinto da ogni altra forma di totalitarismo) sono due volani di un sentimento pre-esistente. La riprova, come ricordano i saggi di Sorlin su Vichy, di Franzinelli sull’Italia di Salò (dove l’autore respinge con forza ogni tentativo giustificazionista o assolutorio nei confronti della Repubblica del Garda), di Feltri sulla Polonia, di Neima Barzel sull’Olanda e di Maria Ghitta sulla Romania, è il sostanziale isolamento in cui si trovarono gli ebrei, aiutati dai pochi ?giusti? che, a rischio della vita, si prodigarono per salvare la vita altrui. Il testo, ricco oltre misura di interventi preziosi, a cominciare dalla riproposizione di quello postumo, all’epoca criticatissimo ma stimolante, della Arendt, comprende anche la seria ricostruzione di Michele Sarfatti sulla reale portata dell’applicazione delle tesi ?razziste? (e non ?razziali?, come precisa con esplicita vis polemica Minazzi) in Italia. Il libro può anche essere considerato un agile manuale per iniziare nuovi percorsi conoscitivi. Kershaw ci fornisce, ad esempio, una lettura di una Germania nazista figlia delle dinamiche conservatrici tedesche. Inserendosi nel dibattito, mai conclusosi, tra strutturalisti e intenzionalisti, lo storico inglese cerca di trovare una via di mezzo tra i sostenitori di un Hitler mediatore di un potere policentrico e coloro che vedono nel Führer e nelle sue intenzioni l’origine delle scelte compiute, a cominciare dall’Olocausto. Un libro così impostato non può che concludersi con l’accorato appello di Franco Maria Pace. Dopo avere storicizzato il negazionismo, distinguendolo dal revisionismo, l’autore stigmatizza la crescente insofferenza per il tema della Shoah soprattutto tra le giovani generazioni e gli studenti (bacino d’utenza ben noto a Pace, docente di filosofia in un istituto di Milano), invitando gli insegnanti alla preparazione e alla vigilanza.

Marco Cuzzi