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Alessandra Tarquini (a cura di) – Carteggio Croce-Tilgher – 2004

Alessandra Tarquini (a cura di)
Bologna-Napoli, il Mulino ? Istituto italiano per gli studi storici, pp. XXVIII-

Anno di pubblicazione: 2004

In un celebre saggio del 1912 (Croce e Vico, Croce e ?i giovani?), Giuseppe Antonio Borgese tracciava il percorso di una generazione che stava allora per toccare i trent’anni: cresciuta all’interno di un establishment culturale variamente positivistico, aveva precocemente e, spesso, rumorosamente rotto con quel mondo e si era venuta orientando verso la ?nuova? cultura spiritualistica e/o idealistica che si stava diffondendo in Europa. In Italia per molti di costoro era stato inevitabile intrecciare un serrato dialogo con Benedetto Croce, ne erano stati conquistati, per alcuni anni non avevano potuto non dirsi ?crociani?. Il filosofo li aveva coinvolti (pur essendo giovanissimi) nelle sue iniziative editoriali, vegliando sulla loro attività e spronandoli a nuovi lavori, con un atteggiamento spiccatamente pedagogico: edizioni di testi, lavori filologici, traduzioni, letture storiche di filosofi, questo era quanto loro proponeva, con l’intento di disciplinare il loro ?genialismo? di ventenni. La loro inquietudine scaturiva anche da una situazione sociale tutt’altro che semplice: piccolo-borghesi di origine, erano spesso degli ?spostati? (come si era detto a fine Ottocento), intellettuali senza grandi possibilità di inserimento proficuo nel mercato del lavoro. Iniziavano perciò a lavorare, dopo la laurea (chi ci arrivava), nelle scuole, ma più spesso in biblioteche o uffici ministeriali, continuando a studiare, a scrivere, a pubblicare. Erano quasi tutti (anche i più seri) tentati dalla critica militante e dal giornalismo, in cui spesso poi avrebbero trovato una posizione di spicco e la notorietà. Altri sarebbero arrivati alla cattedra universitaria, ma questo noviziato giornalistico-divulgativo avrebbe dato un tono peculiare anche alla loro produzione ?scientifica?. La maggior parte di questi ?giovani?, negli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra, si sarebbe distaccata da Croce, spesso con polemiche clamorose, e avrebbe conservato nei suoi confronti quell’atteggiamento di animosità che si ha verso le persone lungamente amate, da cui ci si sente in qualche modo delusi.
Adriano Tilgher (1887-1941) fu uno degli esponenti più vivaci di quella generazione: la cultura italiana del primo dopoguerra, in quella che fu la sua fisionomia reale (non in certe ricostruzioni che se ne sono fatte in seguito, inevitabilmente col senno del poi) riceve il suo vero ?tono? da intellettuali come lui, come Mario Missiroli, o da scrittori come Pirandello. Questo carteggio percorre i pochi anni (1908-1911) in cui il suo rapporto con Croce fu veramente strettissimo, prima della rottura e di un lungo silenzio, interrotto solo da qualche lettera dei primi anni ’20, e documenta in modo esemplare il percorso sopra accennato, che tuttavia ? è appena il caso di dirlo ? non sopporta eccessive generalizzazioni: basti pensare alle biografie di due coetanei e quasi compagni di scuola di Tilgher, Mario Vinciguerra e Guido De Ruggiero, le cui vicende giovanili coincidono per molti aspetti con le sue, ma che ebbero con Croce un rapporto non sempre facile (si pensi a De Ruggiero), ma assai più lungo e complesso, e diversi esiti culturali e politici.

Roberto Pertici