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Alessandro Berlini – Il filantropo e il chirurgo. Eugenetica e politiche di sterilizzazione tra XIX e XX secolo – 2004

Alessandro Berlini
Torino, L’Harmattan Italia, pp. 197, euro 16,30

Anno di pubblicazione: 2004

Dopo il lavoro pionieristico di Claudio Pogliano, apparso ormai venti anni fa su «Passato e presente», negli ultimi tempi le ricerche sulle teorie e le pratiche della selezione artificiale della vita hanno conosciuto una crescente attenzione da parte degli studiosi italiani. La costruzione di una panoramica sull’eugenetica ?negativa?, volta a impedire la procreazione di individui giudicati inadatti, è quanto si è proposto l’autore ? ora dottorando di ricerca in Scienze antropologiche presso l’Università di Napoli ? con la sua tesi di laurea da cui è tratto questo lavoro, che ha il pregio di fornire una sintesi sul contesto internazionale, anche se usa poco le fonti primarie e incappa in qualche schematismo eccessivo e in qualche errore: cos’è lo ?stile sbarco di Adua? (p. 140)?
Furono oltre 610.000 le sterilizzazioni compiute per motivi non terapeutici tra l’inizio del secolo e gli anni Settanta negli Stati Uniti, in Canada, nei paesi scandinavi e nella Germania nazista. Quest’ultima fu l’unico paese a non prevedere qualche forma di consenso da parte dei soggetti, ma Berlini ci ricorda che anche altrove, dove era richiesto dalla legge, l’assenso all’intervento veniva strappato in maniera surrettizia a individui ?malati di mente? o ?devianti?, due categorie vaghe ed elastiche che finirono col comprendere molte più donne che uomini. A questo quadro ufficiale vanno aggiunti il Giappone, dove 16.500 malati di mente furono sterilizzati tra il 1948 e il 1996, e l’Australia, mentre è difficilmente valutabile il numero degli interventi illegali praticati già a fine Ottocento nelle carceri e nei manicomi di Stati Uniti e Svizzera, il primo paese europeo a definire per legge l’esclusione di determinati soggetti dalla catena riproduttiva.
Berlini ritiene che le idee dei fautori dell’eugenetica otto-novecentesca, di cui fornisce un rapido spaccato dall’alienista francese Morel ai coniugi svedesi Gunnar e Alva Myrdal, rispettivamente Nobel per l’economia nel 1974 e per la pace nel 1982, vadano tenute separate dalle scelte politiche che indussero Stati retti da governi anche profondamente diversi ? socialdemocratici, liberalconservatori, totalitari ? ad adottare una normativa ufficiale atta a perseguire una politica di igiene razziale attraverso l’uso della sterilizzazione. Questa viene così interpretata non come un fenomeno accidentale derivato dalle teorie degenerazioniste, ma come ?eugenetica di Stato? (p. 171), un meccanismo di ingegneria sociale volto alla marginalizzazione della devianza e alla sua rimozione.
Berlini si sofferma in particolare sul caso nazista, la cui eccezionalità riguardo alle applicazioni eugenetiche andrebbe a suo avviso, ?almeno in parte, ponderata? (p. 99), e su quello italiano, esemplificativo di una via ?latina? (p. 164) in cui non si arrivò a una prassi legalizzata di selezione razziale anche per l’opposizione della Chiesa e del pronatalismo fascista. L’ultimo capitolo, che scivola verso il pamphlet, lancia uno sguardo agli scenari futuri, tra studi sul genoma umano, leggi restrittive dell’immigrazione extracomunitaria e programmi di ?tolleranza zero?.

Silvano Montaldo