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Alessandro Campi – Nazione – 2004

Alessandro Campi
Bologna, il Mulino, pp. 234, euro 11,00

Anno di pubblicazione: 2004

Negli ultimi due decenni la letteratura sulla nazione e il nazionalismo ha conosciuto importanti sviluppi, grazie soprattutto all’apporto delle scienze sociali. Anche le discipline storiche, tuttavia, hanno continuato a fornire contributi di grande interesse. È il caso del denso volume che Alessandro Campi, docente di Storia delle dottrine politiche a Perugia, ha pubblicato nella collana del Mulino ?Lessico della politica? diretta da Carlo Galli.
Oggetto di questo lavoro, ispirato alla Begriffsgeschichte, è la storia del termine-concetto di nazione: una storia, scrive l’autore, estremamente complessa, segnata da profonde discontinuità e da tenaci persistenze che si sono sedimentate nei secoli su una parola e su un’idea ancor oggi sostanzialmente indeterminate e ambigue. Per ricostruire questo tragitto Campi ripercorre una vicenda di lunghissima durata che inizia ? come aveva già mostrato Hans Kohn ? nel mondo antico, tra Israele, Grecia e Roma. Che prosegue in età medievale, con i regni romano-barbarici e con le nationes mercantili, universitarie e conciliari. E che matura ulteriormente nei tre secoli che separano la Riforma protestante dalla Rivoluzione francese, quando le nazioni iniziano a prendere corpo nelle due varianti, già individuate da Meinecke, della ?nazione statale? e della ?nazione culturale?, per poi assumere, con il 1789, il profilo della ?nazione politica?. È tuttavia l’Ottocento, secondo Campi, il secolo per eccellenza delle ?nazionalità?. Ed è proprio allora che il concetto di nazione comincia a incorporare le complesse e spesso opposte filosofie politiche e sociali che emergono nella tradizione romantica, nel pensiero di Mazzini, di Marx ed Engels, di Renan e ancora ? ma siamo già tra Otto e Novecento, nell’epoca del ?nazionalismo? ? nelle varie teorie della ?nazione assoluta? o ?integrale?, che avranno un ruolo cruciale nella catastrofe del 1914. Dopo di allora ? e a ben vedere già con l’affermazione dei totalitarismi, nella loro essenza tipicamente antinazionali ? ha inizio un periodo di declino diffuso dell’idea di nazione che, dopo la seconda guerra mondiale, porterà, con l’eccezione dei processi di decolonizzazione, a un vero e proprio ?addio alla nazione?. Si tratta, tuttavia, di un addio solo apparente. Secondo Campi, infatti, ci sono buone ragioni per credere ? e per sperare ? che le identità nazionali continueranno a giocare in futuro un ruolo importante nella vita associata, con buona pace di coloro che intravedono all’orizzonte l’avvento di un’epoca ormai irreversibilmente postnazionale.
Assai persuasivo nel suo impianto generale, il libro di Campi non convince in un punto decisivo: là dove la storia dell’idea di nazione viene in qualche modo identificata con la storia delle nazioni e delle identità nazionali tout court. È in questo quadro che l’autore, liquidando forse troppo velocemente le tesi ?costruttivistiche? e ?modernistiche? di autori quali Gellner, Anderson, Hobsbawm e altri, suggerisce di retrodatare ai primordi della civiltà umana le origini delle nazioni. Ed è in questo medesimo quadro che egli ne immagina, a prescindere dalla sua esplicita professione di fede, l’ulteriore sopravvivenza nel prossimo futuro.

Francesco Tuccari