Cerca

Alessandro Roveri – L’ebreo Fred Wander, straniero in patria – 2009

Alessandro Roveri
Milano, FrancoAngeli, 109 pp., Euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2009

Molto aveva colpito, due anni fa, la pubblicazione presso Einaudi del libro L’ultimo pozzo di Fred Wander (2007). Il libro era uscito in prima edizione nel 1970 nella Germania orientale e aveva suscitato ampie discussioni, ma non circolò abbastanza, né riuscì a sottrarre l’autore ad un triste destino di solitudine. Dobbiamo adesso all’acribia e al puntiglio di Alessandro Roveri, già autore di importanti saggi su Bassani e la cultura ebraica ferrarese, uno studio analitico sul personaggio-Wander.L’inizio della vicenda si svolge nella Vienna, alla vigilia della Grande guerra: la maturazione di Wander si compie nell’Austria non più asburgica ma repubblicana, nel ventennio che vede il consolidarsi di un antisemitismo politico sempre più aggressivo. Il vero nome di Fritz era Rosenblatt, la famiglia veniva dalla Galizia. Gli interessi letterari, molto precoci, sono tenuti forzatamente ai margini dall’incombere di una tragedia percepita nelle sue reali dimensioni. L’a. non si è limitato a raccontare la vita dello scrittore, ma ha allargato la sua ricerca anche alla storia politica degli anni che precedono l’Anschluss. Sulla base di inedite carte vaticane, dove emergono aspetti anche intorno alla oscillante politica estera del duce fra 1934 e 1938, Roveri ci dà una sintesi di quattro anni che sono cruciali per comprendere l’atteggiamento del regime rispetto alla questione ebraica, legata più di quanto non si pensasse a quelle oscillazioni che vanno dalla difesa dell’Austria contro le mire annessionistiche di Hitler ad un perfetto allineamento filo-tedesco. È questa la parte più originale e nuova del libro.Wander per sfuggire ai nazisti emigra in Francia, lo attrae la memoria del Monte Ventoso, «il grande Petrarca» che citando Agostino invitava gli uomini a non lasciarsi trascinare dalle passioni e a non trascurare se stessi. La figura di Wander fa venire in mente il temperamento romantico di Arthur Koestler, che vive in quell’angolo di Francia il declino dell’Europa. Come Koestler, Wander visse in quegli anni nel turbinio di una storia d’amore molto intensa. Deportato ad Auschwitz Wander poté ritornare a Vienna, ma sospinto dall’amore per Maxie, una comunista austriaca, deciderà di trasferirsi nella Germania orientale. Ritornò a Vienna nel 1983, dove si è spento nel 2006.Questa breve, ma intensa ricerca è innanzitutto una testimonianza d’affetto verso una prolungata congiura del silenzio. Il tono della scrittura è giustamente teso, come s’addice al lavoro di chi vuole infrangere una congiura del silenzio. Spiace soltanto l’inserzione, in appendice, di una lettera aperta all’on. Fiamma Nirenstein, bella, vibrante ed anche politicamente corretta (p. 109), ma relativa ad un evento (il caso dell’ebreo milanese emigrato a Philadelphia che non è riuscito a farsi di nuovo riconoscere la cittadinanza italiana) del tutto estraneo alla vita di Fritz Wander.

Alberto Cavaglion