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Alessio Monciatti – Alle origini dell’arte nostra. La Mostra giottesca del 1937 a Firenze – 2010

Alessio Monciatti
Milano, Il Saggiatore, 280 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2010

Da qualche tempo anche in Italia si sono infittiti gli studi sulle mostre temporanee, tipico fenomeno moderno di cui Francis Haskell ha delineato le origini e gli sviluppi in un libro memorabile. La monografia che Alessio Monciatti ha dedicato alla Mostra giottesca, può vantare nella propria genealogia anche l’articolata ricognizione promossa da Enrico Castelnuovo – e al quale l’a. ha preso parte – sulla fortuna del Medioevo nella critica d’arte, negli interventi di restauro e museografici, nella mitologia politica così come in letteratura, nel lessico artistico e architettonico dell’800 e del ‘900 (Il Medioevo al passato e al presente, Torino, Einaudi, 2004).Alle origini dell’arte nostra, infatti, ha il merito di restituire la complessità del proprio oggetto osservandolo non solo dall’interno (la genesi, le opere esposte, il catalogo) ma anche dall’esterno, per così dire. Questa seconda prospettiva, a sua volta, presenta due facce relativamente indipendenti l’una dall’altra: gli studi su Giotto capostipite della tradizione artistica italiana distinta da quella bizantina, da un lato; e l’attualità della pittura di Giotto negli anni ’30, dall’altro. Lo studio si segnala quindi per il coraggio di valicare gli steccati disciplinari al fine di restituire oltre l’olografia filologica di opere e attribuzioni, il flatus con cui le forme giottesche parlano, con accento inizialmente francese subito soppiantato dall’idioma italico, a Carlo Carrà, Ardengo Soffici o Ugo Ojetti, tra gli altri.Grazie alla consultazione di diversi fondi archivistici, fra cui le carte Ojetti e i carteggi di Michelucci, l’a. segue la maturazione del progetto culturale, le trasformazioni subite nella realizzazione e la tardiva pubblicazione di un catalogo che, tuttavia, incide profondamente sulla storia degli studi. Nonostante l’occasione celebrativa del seicentesimo anniversario della morte del pittore, infatti, la Giottesca si distingue per l’alto profilo scientifico, unito al successo di pubblico e all’attenzione della stampa. Monciatti spiega questi dati alla luce della mole delle opere raccolte, ottenute anche grazie ai prestiti internazionali che sfidano le tensioni politiche esistenti, in particolare fra l’Italia e la Francia.Lo scavo documentario, inoltre, ha restituito fotografie d’epoca – preziose per seguire le scelte dell’allestimento nei locali della Biblioteca degli Uffizi – che solleciteranno ulteriori riflessioni, non solo in rapporto alla questione, appena sfiorata dall’a., del debito della prima sistemazione post-bellica della Sala dei Primitivi degli Uffizi, nei confronti dell’esposizione del 1937. A questo proposito, il difficile equilibrio perseguito nel testo, fra la fedele restituzione delle dinamiche culturali negli anni del fascismo e lo studio della fortuna critica di Giotto, prima e dopo la Giottesca, sarebbe stato probabilmente consolidato dalla rinuncia a proiettare la manifestazione su uno sfondo tanto ampio da includere non solo il revival ottocentesco del Medioevo, ma anche la musealizzazione delle collezioni reali, allo scadere del XVIII secolo.

Francesca Gallo