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Alfonso Botti – La questione basca – 2003

Alfonso Botti
Milano, Bruno Mondadori, pp. 256, euro 13,50

Anno di pubblicazione: 2003

Ci sono regioni all’interno di molti Stati che, non avendo alcuno, o quasi, dei caratteri intorno ai quali si possano aggregare le volontà di identità etnico-nazionale distinta da quella del resto dello Stato, subiscono a volte una condizione di colonia interna senza avere la forza di quella identità mobilitante per potersi emancipare. In altre invece che quei caratteri possiedono si affermano forze che li esaltano a dismisura per affrancarsi, non da una posizione subalterna nell’ambito dello Stato, ma piuttosto dalla condivisione di un destino di marginalità, dalla necessità di dialogare con aree culturalmente diverse, dal dovere di contribuire con le proprie ricchezze al benessere di altre zone più svantaggiate del territorio nazionale-statale. È questo il caso del Paese Basco, dove a partire dall’ultimo quarto dell’800 si è sviluppato un movimento nazionalista che, animato nel corso della sua storia dall’uno o l’altro di quei motivi ? o tutti insieme ? di insofferenza all’unione con la Spagna, ha preso sempre più un orientamento indipendentista. Botti illustra in felice sintesi il percorso seguito da questo movimento, ne riassume le principali linee interpretative riguardo alla nascita e allo sviluppo, delinea gli elementi essenziali della ?questione basca? nell’attualità tracciando un quadro delle sue possibili soluzioni. Dall’originaria ripulsa della ?modernità? e dell’invasione di un proletariato ?straniero? a seguito dell’intensiva industrializzazione dell’area biscaglina il movimento è così passato a una rivendicazione in esclusiva delle ricchezze che quei processi hanno creato, ed è cresciuto grazie soprattutto alla totale chiusura opposta dal regime franchista a ogni forma di autogoverno e manifestazione dell’identità nazionale da parte dei baschi.
Con la democrazia e la crescente apertura a quelle rivendicazioni il nazionalismo basco non ha cessato di essere un problema. Perché il terrorismo dell’ETA ha fatto a lungo proseliti, coniugando il nazionalismo con le più estreme tematiche ?di sinistra?, dall’ambientalismo esasperato a un veterocomunismo celebrato anche dopo il Patto di Estella del 1998 tra l’ala moderata del nazionalismo basco e l’ETA, che lo esalterà come strumento di progresso verso ?l’indipendenza e il socialismo?. In realtà a trarre il maggior profitto dalla pratica sanguinaria etarra è stato proprio il baschismo moderato che, da un lato ha attratto i consensi dei baschi che rifiutano la violenza, ma va alzando sempre più la posta con il governo centrale, presentandosi come unica alternativa al terrorismo. Si è arrivati così al Piano Ibarretxe, con cui il capo del governo autonomo reclama che il Paese Basco diventi uno ?Stato libero associato alla Spagna?, vale a dire una sostanziale indipendenza.
In tempo di scomparsa delle ideologie il nazionalismo, soprattutto micro, esercita molte suggestioni. Ma il problema basco è reso tremendamente complicato dal fatto che non solo il territorio è abitato da un altissimo numero di non-baschi, ma che anche molti baschi ? come ricorda Botti citando alcuni scritti antinazionalisti dello scrittore basco Pio Baroja ? sono contrari all’indipendenza. L’autodeterminazione attraverso un eventuale referendum non potrebbe quindi essere raggiunta con il 50 per cento dei voti più uno.

Gabriele Ranzato