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Alla fiera di Tantah. Il sionista che amava l’Islam: Raffaele Ottolenghi (1860-1917)

Marco Francesco Dolermo
Torino, Zamorani, 2017, 271 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2018

Raffaele Ottolenghi fu figura significativa dell’ebraismo italiano a cavallo tra ’800 e ’900. Nato nel 1860, dopo una breve carriera diplomatica al Cairo e a New York, non ancora trentenne, tornò nella natia Acqui, ove si dedicò soprattutto a studi storico- religiosi.
Nella biografia realizzata da Dolermo, sulla base di un’ampia indagine archivistica e bibliografica, almeno cinque questioni si stagliano con chiarezza. L’attenzione di Ot- tolenghi per l’Oriente semitico, per la cultura dell’islam e per la sua influenza su quella occidentale. L’opzione socialista di un benestante attento alle sofferenze dei poveri e degli oppressi, realizzata sulla base di un approccio nel quale mazzinianesimo e profetismo si intrecciavano a rendere umanamente intensa, ma ideologicamente composita la sua adesione. Le delusioni provocate dalla presenza di pregiudizi nei confronti degli ebrei anche nella compagine socialista, parte di un’ostilità più ampiamente diffusa nella società italiana, alimentata dalla tradizione antigiudaica e utilizzata politicamente da clericali e nazionalisti agli inizi del ’900. L’approdo di un’inquieta anima ebraica al sionismo, fon- dato su suggestioni spirituali, istanze identitarie e influssi della cultura del tempo, che, scrive l’a., davano all’idea nazionale un carattere naturalistico, limitante e discriminatorio.
Il rapporto intellettuale, politico e umano con Paolo Orano, nella cui opera Ottolenghi credette di trovare un’affinità con la propria visione del rapporto tra ebraismo e cristia- nesimo, segnato dalla successiva deriva antisemita di Orano e dalla intensa replica di Raffaele Ottolenghi.
Interessanti appaiono anche le notazioni sulle polemiche con Maggiorino Ferraris e sull’ostilità verso gli ebrei diffusa nell’area acquese. Meno convincenti risultano inve- ce alcune delle linee interpretative generali proposte: l’enfatizzazione dell’antisemitismo nell’Italia liberale, l’asserita continuità della tradizione antisemitica (e razzista) in Italia dall’Unità alle leggi razziali, la definizione dei contenuti dell’idea di nazione nell’Italia del Risorgimento, con una marcata accentuazione dei tratti etnico-naturalistici, che sop- piantano i pur citati elementi di carattere elettivo, la critica al liberalismo italiano, perché incapace di rappresentare per l’ebraismo «una valida alternativa ove approdare facilitando un annullamento della propria identità» (p. 179).
Traspare in alcuni punti una tendenza attualizzante, che si evidenzia nella critica dell’adesione di Ottolenghi al sionismo, visto come un fattore limitante, una rinuncia alla più ampia battaglia per la democrazia e la solidarietà, in nome della ricerca di un rifugio di fronte alla drammatica percezione di un impossibile sradicamento dell’ostilità antisemita, che indicava la crisi dei suoi ideali. Al di là di questi rilievi, il lavoro offre comunque una dettagliata e stimolante ricostruzione della travagliata riflessione di un intellettuale ebreo italiano, di fronte ai dilemmi suscitati dalla dialettica tra integrazione e identità.

Mario Toscano